Stragi di mafia, svolta dopo 29 anni "È lei la ’biondina’ di via Palestro"

Bombe a Milano e Firenze, indagata grazie all’app per foto. I pm: "Posteggiò la Uno carica di esplosivo"

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di Stefano Brogioni

 

Nel puzzle delle stragi mafiose del 1993, mancano alcune tessere. Le dichiarazioni dei pentiti e la sentenze di condanna non hanno ad esempio accertato chi, il 27 luglio, abbia guidato fino a via Palestro la Fiat Uno carica di esplosivo. La bomba di Milano devastò il Padiglione d’arte contemporanea e fece cinque vittime, come quella di Firenze, il 26 maggio precedente, aveva ammazzato e devastato gli Uffizi. Qualcuno vide una donna, guidare la Uno grigia, rubata in via Letizia Esposito: quella donna potrebbe avere un nome. E il puzzle delle stragi potrebbe completarsi di un’altra tessera, che forse renderebbe più comprensibile il quadro della stagione dell’attacco al cuore dello Stato. Cosa nostra venne aiutata da ’esterni’? Il presunto "autista" si chiama Rosa Belotti: mercoledì, i carabinieri del Ros di Firenze, coordinati dai pm Luca Turco e Luca Tescaroli, si sono presentati a casa sua, ad Albano Sant’Alessandro, in provincia di Bergamo, a cercare tracce del suo passato e dei suoi eventuali legami con gli attentati.

Oggi la Belotti ha quasi 58 anni, ne aveva compiuti 29 quando l’Italia venne insanguinata dalle stragi della mafia e quando due testimoni videro "una donna di circa 30 anni, di bell’aspetto, slanciata e alta" scendere dalla Uno in via Palestro. È lei, la bionda dark lady? Per arrivare alla Belotti i carabinieri del Ros, guidati dal colonnello Giuseppe Colizzi, hanno usato anche un’applicazione che serve per comparare foto segnaletiche, dando una buona percentuale di compatibilità. Le immagini da confrontare erano quelle dell’identikit fatto sulla base delle indicazioni fornite dai testimoni di via Palestro e la foto segnaletica della donna pescata nell’archivio dei carabinieri di Bergamo, che il 4 luglio del 1992 finì in carcere per una storia di droga. Ma nel marzo 1993 tornò in libertà. Dall’inizio degli anni ’90, la Belotti è legata sentimentalmente al pregiudicato campano Rocco Di Lorenzo, ritenuto vicino al clan La Torre di Mondragone. Il testimone del 1993 ha riconosciuto "tratti di similitudine" tra la figura che vide scendere dalla macchina e una fototessera della Belotti risalante al 1989.

L’ombra di Gladio. La presenza dell’autista femmina a Milano è menzionata anche in un appunto del Sisde, il servizio segreto civile, sempre del 1993. Ma non solo. La fotografia di una donna spunta anche da un villino ubicato ad Alcamo, in Sicilia, e in uso agli ex carabinieri Fabio Bertotto e Vincenzo La Colla che ospitava un misterioso arsenale di armi e munizioni che, ancora nel 1993, mese di settembre, venne trovato dopo una soffiata che una fonte confidenziale fece a un poliziotto, mettendo in relazione tale immagine alle stragi che si erano appena consumate. Il confidente avrebbe indicato al poliziotto anche dove cercare quella foto: tra le pagine di un volume di un’enciclopedia. Recentemente, il poliziotto, che ha notato pure lui una similitudine tra l’identikit diffuso dopo la strage di Milano e la foto dell’enciclopedia, è stato nuovamente ascoltato dai Ros perché gli inquirenti cercano la fonte di quella rivelazione ancora avvolta nel mistero. Non è mai stata chiarita neanche l’origine delle armi del villino di Alcamo. Tra le ipotesi anche quella che si trattasse di un arsenale di Gladio.

Il testimone dei Georgofili. La presenza di una donna era stata segnalata anche a Firenze, nelle ore precedenti la bomba ai Georgofili. Il testimone che la vide parlò di una mora. I pm di Firenze sospettano che potesse essere la stessa persona. Nei prossimi giorni, Rosa Belotti sarà interrogata. Strage di via Palestro, eccidio di mafia: la storia per tappe Strage di via Palestro a Milano, l'omaggio ai caduti a 29 anni dall'eccidio mafioso