di Stefano Brogioni "Non rinuncio". La retromarcia in due parole sulla prescrizione, pronunciate da Mauro Moretti, l’ex ad di Rfi imputato con altre 15 persone per la strage che il 29 giugno 2009 dilaniò Viareggio, accende la contestazione in aula. Daniela Rombi, madre simbolo delle 32 vittime del carro cisterna che si rovesciò e prese fuoco nel centro della città, si stacca dalla staccionata dove sono state depositate le foto di chi non c’è più, parte all’indirizzo di Moretti che s’infila il cappotto a fine udienza e gli rovescia addosso tutto quello che le viene in mente. "Vergogna, è stato condannato!". Mentre l’ingegnere si allontana, tra gli applausi ironici, si mettono di mezzo gli avvocati, i nuovi legali che coincidono con il cambio di strategia che rinnega l’annuncio, del precedente giudizio, di voler essere giudicato lo stesso anche oltre il termine del tempo. Botta e risposta infuocato. Tra urla e spintoni. "Quello che hanno detto gli avvocati verso Daniela e le altre mamme è inaccettabile – riferisce il presidente dell’associazione delle vittime, Marco Piagentini –. È inaccettabile perché loro sanno benissimo le condizioni morali di coloro che sono lì. Noi abbiamo perso i figli, loro dovevano stare zitti e andare via, invece si sono messi addirittura a registrare, quasi fossimo dei black bloc". "Nel primo processo di appello – prosegue Piagentini –, Moretti ha rinunciato alla prescrizione e si è dichiarato innocente. Adesso che non rinuncia ci dice lui che è colpevole, e ce lo dice la sentenza della Cassazione". "Ci hanno levato i figli – aggiunge Daniela Rombi –, le mamme posso sempre parlare. Moretti ha avuto paura, ha detto due parole sottovoce ‘non rinuncio’, poi non ha avuto il coraggio di guardarci negli occhi, se ne è andato via, nel sottosuolo come i topi. Noi parenti delle vittime siamo all’ergastolo ...
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