Strage di migranti diretti in Spagna Madrid accusa le mafie dei trafficanti

I morti nella calca e per le botte sono 37, nel mirino la polizia marocchina. L’Algeria: inchiesta indipendente

Migration

di Giovanni Rossi

Gli almeno 37 migranti morti venerdì a Melilla, terra di Spagna in Africa e sigillata porta d’Europa, scatenano un caso internazionale. Quelle decine di vittime nella calca, vite e sogni spezzati nel vano tentativo di aprire un sentiero di speranza tra la spietatezza della polizia di frontiera marocchina e la severità della guardia spagnola, sono un pugno in faccia all’Unione europea che oggi ha occhi solo per il quadrante orientale. Invece si muore anche alla periferia del continente bruciata dal sole, quell’area di disperazione endemica – e di guerra quotidiana per la sopravvivenza – che progetta una nuova stagione di sbarchi e di reti scalate a mani nude. Come venerdì a Melilla, con un bilancio finalmente credibile dopo 48 ore di numeri parziali, forse anche per nascondere l’enormità dei fatti.

I morti sono almeno 37. E pesano su molte coscienze. Il premier spagnolo Pedro Sanchez evoca la responsabilità di "mafie che trafficano con esseri umani" per "l’assalto violento e organizzato" tradottosi in un "attacco all’integrità territoriale" della Spagna. Ma la ferita all’orgoglio doganale appare un mero espediente narrativo per ridurre responsabilità generali e forse particolari. Le immagini diffuse da attivisti e media mostrano scene impressionanti: in particolare, persone ammassate per terra sotto la sorveglianza degli agenti marocchini, alcune delle quali inermi e forse già cadaveri. "Forse sono rimaste schiacciate o sono cadute da più in alto – racconta Helena Maleno, portavoce di Caminando Fronteras – e sono state lasciate lì a morire". Un macello.

La ricostruzione non è univoca. Secondo la delegazione del governo spagnolo a Melilla, circa 2.000 persone si sono avviate alla frontiera decise a bucarla: di queste, 1.500 sono arrivate sino al punto di contatto tra i due Paesi, e più o meno un terzo ha tentato lo sfondamento. Poliziotti inviati da Madrid sono intervenuti per contenere il tentativo di irruzione. Dopo momenti di ferocia, la situazione è tornata alla normalità, con un bilancio ufficiale di 133 migranti entrati nel territorio spagnolo (ma in 57 vistosamente escoriati o tumefatti). Feriti anche 49 agenti spagnoli (quasi tutti in modo lieve). Le immagini accusano in particolare la polizia marocchina di uso abnorme della forza. Molti migranti sarebbero morti soffocati nella calca dopo le botte ricevute. Ma le scelte di ordine pubblico del Marocco potrebbero essere influenzate anche da altri fattori: su tutti la pace diplomatica tra Rabat e Madrid dopo il lungo gelo e la conclamata diversità di opinioni sui conflitti nel Sahara Occidentale. Da allora, secondo Helena Maleno, il Marocco avrebbe lanciato una "repressione durissima" sui migranti, incaricandosi, per così dire, di fare il lavoro sporco.

Prova ne sia l’irritazione della vicina Algeria. Ammar Bellani, inviato speciale algerino per il Maghreb e il Sahara occidentale, invita l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati a "condurre indagini indipendenti e trasparenti per determinare le responsabilità e fare luce su questi tragici eventi", con "estrema brutalità" delle forze marocchine e "uso sproporzionato della forza", simili, date le circostanze, "a vere e proprie esecuzioni sommarie". Giochi di potere sulla pelle dei più deboli. Così anche l’immagine della Spagna esce profondamente ammaccata dalla vicenda. Melilla e Ceuta sono aree della Ue. Di quell’Unione europea che non dovrebbe voltare lo sguardo in caso di stragi ai suoi confini.