Strage di famiglia Il figlio al padre assassino "Ora voglio incontrarti"

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di Andrea Gianni

BUSTO ARSIZIO (Varese)

Nicolò Maja ha ricevuto lo scorso 30 ottobre, giorno del suo 24esimo compleanno, l’ultima lettera firmata dal padre, che la notte fra il 3 e il 4 maggio 2022 lo ha ridotto in fin di vita nella villetta di famiglia a Samarate, nel Varesotto, dopo aver massacrato a colpi di martello la moglie, Stefania Pivetta, e l’altra figlia, Giulia. Poche righe dal carcere, con gli auguri e raccomandazioni che, alla luce di quello che è successo, suonano assurde: "Vai da un fisioterapista bravo" e "cerca un buon posto di lavoro". Una lettera, preceduta da poche altre stringate missive, rimasta senza risposta. Da allora solo il silenzio. Nicolò ora ha espresso il desiderio di "vedere suo padre" in aula, di incrociare il suo sguardo per la prima volta, e per questo potrebbe partecipare alla prossima udienza del processo davanti alla Corte d’Assise di Busto Arsizio, fissata per il prossimo 17 febbraio, quando verrà conferito l’incarico per una perizia psichiatrica super partes sull’interior designer omicida Alessandro Maja. "Voglio sapere perché lo ha fatto, gli chiederei che cosa lo ha spinto a distruggere la nostra famiglia", ripete Nicolò, unico sopravvissuto alla strage che sta affrontando un lungo percorso di riabilitazione e vive nella casa dei nonni materni. "Nicolò fisicamente sta meglio – racconta il nonno, Giulio Pivetta – ma con noi non dialoga, non riesce ad aprirsi". Il 24enne "vuole incontrare suo padre", anche perché "prima di quello che è successo Alessandro Maja non ha mai fatto mancare nulla alla famiglia, non riusciamo ancora a darci una spiegazione. Mi ha fatto impressione vederlo così in aula, è un uomo finito". L’interior designer ha indirizzato la prima lettera dal carcere lo scorso ottobre, alcuni giorni dopo le dimissioni del figlio dall’ospedale, proprio ai parenti della moglie uccisa. Una sola riga: "Come sta Nicolò?". Nessuna spiegazione, o espressione di pentimento. "Gli ho risposto con una lettera di due pagine, voglio sapere da lui a chi si riferiva con la frase ’li ho uccisi tutti, bastardi’", spiega Giulio Pivetta citando le parole deliranti che l’uomo avrebbe pronunciato dopo la strage, quando i vicini lo hanno trovato insanguinato e urlante davanti a casa. "Vorrei entrare nella sua testa – spiega il cognato, Mirko Pivetta – ma lui, prima di tutto, dovrà dare delle spiegazioni a suo figlio". Il movente della strage, infatti, resta un mistero. Maja, durante i primi interrogatori, ha parlato di problemi economici legati al suo studio a Milano, forse ingigantiti nella sua mente.