Martedì 23 Aprile 2024

Storia di Bruna: uccisa per caso. L'impotenza di fronte al destino

Dall’omicidio di Ragusa alla tragedia sfiorata a Milano, dove una donna è stata spinta senza motivo sui binari della metro

Brunilda Halla, 37 anni, sposata e madre di due figli, è stata uccisa per strada

Brunilda Halla, 37 anni, sposata e madre di due figli, è stata uccisa per strada

Il caso. La parola ha sempre affascinato i sapienti alla ricerca di come eliminarne l’incidenza nelle vicende umane. "Che niente sia lasciato al caso" è il modo di dire della perfetta organizzazione. Però il caso arriva e si prende anche quel che non vorremmo mai lasciargli. Lo ha dovuto ammettere pure il magistrato che sta valutando l’orrendo delitto di Brunilda Halla, per tutti Bruna. Due giorni fa a Vittoria, Ragusa, uno squilibrato l’ha accoltellata per strada, mentre parlava con il figlio 11enne che era al balcone. "Un omicidio casuale", ha detto il procuratore di Ragusa, Fabio D’Anna.

Così come casuale sarebbe stata la scelta della vittima da parte di una donna, anch’essa con disturbi psichici, che ha spinto una ragazza, la sera del 25 maggio scorso, alla fermata della metropolitana di Milano mentre arrivava il treno. La ragazza ha mantenuto l’equilibrio, per fortuna.

E il cuore si ribella, e per non lasciare nulla al caso grida che la colpa è del malato di mente, e di chi lo lascia circolare. Ma il caso non demorde, e afferma il suo dominio mostrando che però il passaggio della povera donna o la presenza della ragazza è comunque una coincidenza casuale, e via così, in una specie di gioco, di inseguimento senza fine. Il caso è una preda difficile, lo bracchi e spunta altrove. Anche il magistrato, che usa le parole del diritto per leggere cause, effetti, colpe e circostanze con la miglior precisione possibile, deve arrendersi: sulla scena del delitto oltre alla vittima, al colpevole, c’è anche l’ospite scomodo, il caso. Pure la scienza, ridefinendo il proprio statuto, la propria natura in molti casi come probabilistica, ha dovuto cedere alla evidenza dell’azione del caso che mette in questione previsioni e calcoli. E l’arte non è forse l’azione dove talento e perizia si sposano con un che d’inafferrabile? Uno dei maestri del giornalismo, Enzo Biagi, appuntò la sua attenzione su uno smilzo libretto, un romanzo di Thornton Wilder, ’Il ponte di San Lous Rey’. Il protagonista, un fraticello che vuol comprendere tutto, indaga sulla vita di alcune persone. Vuol risalire a quale serie di motivi li ha fatti passare su quel ponte al momento del crollo. C’è una spiegazione o è caso?

Simile sgomento venne in cuore a molti per la vicenda del ponte Morandi di Genova. Il caso di passare in quel momento. Quante situazioni ci hanno messo tale inquietudine addosso! Biagi non vi si sottrasse. Contro il caso viene la tentazione di scagliarsi con rabbia. È comprensibile, specie per certi dolori. Ma è irragionevole, e aumenta la disumanità nel vivere. Tale rabbia è un sentimento che finisce per dominare chi pretende di eliminare dalla vita il senso del mistero. Che è, per così dire, la parola più profonda, più giusta, persino più rispettosa, per indicare la natura del caso. Dal mistero sorge tutto, anche la nostra stessa esistenza. Possiamo chiamarlo caso, scagliargli addosso la nostra rabbia, le nostre lacrime. O, più ragionevolmente, con più umanità, considerarlo, cercarne, se da qualche parte vi è, il suo volto e i suoi segni. Molti indignati e piangenti per dolori misteriosi (ma quale non lo è!) hanno cercato il volto del "caso". Per chiedergli cosa è la vita. Non per provare, ottusamente, a cacciarlo via.