Giovedì 18 Aprile 2024

Stop alle auto inquinanti L’Italia e il fronte del no "Non potete imporci la transizione green"

Vertice degli scettici Ue, il ministro Salvini: la vocazione al solo elettrico è un regalo a Pechino. L’Austria si unisce ai Paesi contrari allo stop dal 2035, affossato anche lo standard Euro 7

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di Antonella Coppari

Un doppio no. Alla fine della vendita di auto diesel e a benzina nel 2035. E agli standard euro 7 proposti dalla Commissione. Il maxi-vertice tra i paesi Ue più scettici verso la ’svolta green’ sulle automotive finisce così. "Evviva la transizione ecologica e ambientale incentivata, spiegata, non imposta per legge da Bruxelles sulla testa e sul portafoglio degli italiani dalla sera alla mattina", dice al termine dell’incontro di Strasburgo il vicepremier e ministro dei trasporti Matteo Salvini che porta in Alsazia posizioni condivise dal governo, a partire dalla premier Giorgia Meloni e invise alla sinistra. Al tavolo con lui il collega ceco (promotore dell’iniziativa) Martin Kupka, il tedesco Volker Wissing, il polacco Andrzej Adamczyc. In video collegamento i rappresentati dei governi di Ungheria, Slovacchia, Romania e Portogallo. Gli otto Stati che sostengono di condividere una visione "pragmatica" dei temi ambientali (nel mirino c’è Frans Timmermans, che ne ha la delega in Europa) sono divisi per appartenenze politiche e prospettive, anche se il cemento dell’interesse comune è forte.

In blocco possono fare impantanare il pacchetto di riforme e regolamenti economico-sociali incentrati sulla lotta al cambiamento climatico e alla riduzione delle emissioni di gas serra (Fit for 55) che è uno dei pilastri su cui Ursula Von der Leyen ha costruito il suo quinquennio. Possono contare sull’appoggio dell’Austria: "Se si vota, anche io mi pronuncerò contro", avverte il cancelliere Karl Nehammer. Tre i provvedimenti contestati: lo stop ai motori endotermici a partire dal 2035, il regolamento per la riduzione delle emissione di CO2 per i veicoli pesanti e il regolamento euro 7 proposto a novembre dalla Commissione che prevede un ulteriore taglio degli inquinanti e che imporrebbe all’industria automobilistica di sviluppare motori più puliti, con investimenti che i costruttori non vogliono affrontare ritenendoli inutili a fronte del ventilato blocco.

Tutti e tre sono destinati a non passare, nonostante la maggioranza dei paesi Ue resti favorevole. "La settimana prossima invieremo alla Commissione una sintesi della riunione, la proposta su euro 7 così è decisamente irrealistica", taglia corto il ceco Kupka. Una risposta netta alla Commissione che – prima del vertice – aveva difeso la proposta: "La precedente normativa euro 6 risale al 2012, da allora c’è stata una evoluzione. Le imprese sono ora già molto vicine ai livelli di ambizione dell’euro 7", aveva spiegato la portavoce Sonya Gospodinova. A spalleggiare il collega ceco è Salvini che ribadisce: "La vocazione al solo elettrico fa un regalo alla Cina, crea licenziamenti in Italia e in Europa, e non aiuta l’ambiente". Dal canto loro, Germania e Polonia affermano che senza un’apertura dell’Unione sui carburanti e-fuels (sintetici), l’impasse non si sbloccherà. Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, chiede a Bruxelles impegni concreti per salvaguardare l’utilizzo di carburanti a basse emissioni, che permetterebbero una transizione più sostenibile: "Dobbiamo passare all’elettrico", lo rimbecca il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire. Uno stallo certificato dal commissario Ue all’industria Thierry Breton: "Nessuna decisione è stata ancora presa. I costruttori devono aspettare che la democrazia europea abbia completato il suo percorso. Le case automobilistiche devono mantenere entrambi i motori termici ed elettrici finché non ci sarà una decisione definitiva".

Parole che assomigliano a una retromarcia anche perché questa partita si intreccia con quella del voto sulle case green, che fino a una settimana fa appariva scontato ma che – con il crescere dei malumori nei Paesi membri – potrebbe riservare sorprese. E d’altra parte che il progetto della Commissione sulle e-car fosse destinato a una vita difficile era chiaro: l’accordo ratificato dall’europarlamento il 14 febbraio è stato bloccato ’dai frondisti’ che la settimana scorso hanno provocato il rinvio della ratifica finale. "Siamo pronti a fornire chiarimenti", dice la Commissione. Ma è rassegnata al piano b; c’è chi parla di una riprogrammazione delle scadenze in tre passaggi: il 2030, il 2035 e il 2040 come data ultima per l’uscita di scena definitiva dei motori tradizionali. Una tempistica che consentirebbe di programmare l’abbandono della benzina sostituendola con carburanti e-fuels e bio.