Giovedì 25 Aprile 2024

Stop ai brevetti, la Ue frena: non è la priorità

La deroga chiesta da Biden è già in panne. Berlino si impone e von der Leyen fa retromarcia: "Parliamo di produzione, il vero problema"

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di Alessandro Farruggia

La proposta di Biden sulla sospensione dei brevetti dei vaccini per il Covid 19 vede sciogliersi come neve al sole la cauta disponibilità espressa da mezza Europa e rafforzare la netta contrarietà dell’altra, Angela Merkel su tutti. La Germania conta. E al vertice Ue di Porto la linea prevalente è così gelida con l’ipotesi cara a Biden, Wto, Vaticano, India, Sudafrica e Turchia. E a sera la Commissione fissa i paletti. "Credo che dovremmo essere aperti alla discussione sulla deroga sulla proprietà intellettuale – dice la presidente della commissione, Ursula Von Der Leyen – ma la deroga sulla proprietà intellettuale non risolverà problema. Quello che serve è una condivisione dei vaccini, l’export di dosi e investimenti per accrescere la capacità produttiva. L’Ue è l’unica regione democratica del mondo che esporta su larga scala. Chi parla di brevetti si impegni per l’export". Sulla stessa linea la vicepresidente esecutiva della Commissione europea, Margrethe Vestager. Fonti della Commissione sono anche più esplicite. "La rimozione dei brevetti non risolverà il problema della capacità produttiva, che è quel che ci serve. Al momento – osservano – non emerge che i brevetti siamo il problema". "Se questo emergesse – prosegue la fonte – negli accordi Wto ci sono gli strumenti per rimediare, c’è la licenza obbligatoria che obbliga le aziende a concedere l’uso ad altri e c’è la possibilità di obbligare a trasferire la tecnologia. Ma sia chiaro – si sottolinea – che oggi non stiamo chiedendo di attivare le licenze obbligatorie". Frenata su tutta la linea.

E del resto lo stesso presidente francese Macron, che l’altroieri si era espresso a favore della linea Biden, ha fatto più di un passo indietro. "Noi europei – ha detto – ci battiamo da un anno affinché il vaccino sia un bene pubblico mondiale ma il dibattito non deve essere centrato sulla proprietà intellettuale . La prima questione è assicurare la solidarietà vaccinale, con iniziative come il progetto Covax. La seconda è permettere la circolazione dei vaccini dei componenti per i vaccini, come, a differenza dell’Europa, non hanno fatto gli anglosassoni. E poi c’è la questione del trasferimento delle tecnologie. Sono favorevole a questo dibattito, ma non deve uccidere la remunerazione dell’innovazione".

Nella posizione europea pesa anche la difesa dell’industria nazionale (in primis delle tedesche BioNTech e Curevac, ma anche da chi in altri Paesi lavora su licenza all’infialamento) che si intreccia con manovre per redistribuire la produzione.

Un siluro contro la Francia è stato lanciato ieri dal quotidiano tedesco Die Welt che ha scritto che "le riserve francesi sulla firma del contratto da 1.8 miliardi di dosi Pfizer-BioNTech, manifestate mediante perplessità, domande tecniche e richieste di chiarimenti, ha portato al mancato accordo all’unanimità nella seduta del 30 aprile, nella quale anche il commissario francese ha manifestato perplessità". "È falso, la Francia ha ufficialmente confermato il suo sostegno al contratto" ha replicato la sottosegretaria all’industria Agnés Pannier-Runacher, ma la sua portavoce ha ammesso che la Francia "ha posto quesiti di buon senso". Probabile che ora che il freno ‘tecnico’ francese è diventato pubblico, decada, e il contratto sia approvato a giorni.