Stilista impiccata, non c’è prova dell’omicidio

I giudici della Cassazione confermano: niente carcere per il fidanzato. Il mistero sulla morte di Carlotta non avrà soluzione

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di Mario Consani

La Procura lo accusa di omicidio e per due volte aveva chiesto per lui il carcere. Ora però anche la Cassazione ha respinto la richiesta di custodia cautelare perché, scrivono i giudici, i gravi indizi di colpevolezza non ci sono. Marco Venturi, 45 anni, è imputato per aver ucciso la fidanzata Carlotta Benusiglio, stilista 37enne trovata impiccata con una sciarpa ad un albero nei giardini di piazza Napoli, a Milano, la notte del 31 maggio 2016.

Per la Cassazione, che ha confermato il no all’arresto, il "quadro" indiziario "non conduce univocamente ad un giudizio di alta probabilità di colpevolezza", perché mancano gravi indizi a suo carico, cioè non è stata provata "oltre ogni dubbio" la sua responsabilità. La Suprema Corte motiva così, con un duro colpo all’accusa, la sentenza con cui a febbraio dichiarò inammissibile il ricorso del pm milanese Gianfranco Gallo. Il magistrato chiedeva di annullare il provvedimento del tribunale della libertà che, così come il gip in precedenza, aveva rigettato la richiesta del carcere per Venturi. L’uomo, difeso dagli avvocati Andrea Belotti e Veronica Rasoli, ha vissuto una singolare parabola giudiziaria nelle indagini durate quasi cinque anni: da persona informata sui fatti a indagato per istigazione al suicidio fino ad accusato di omicidio volontario aggravato. Di recente infatti la Procura, col pm Francesca Crupi che ha ereditato il fascicolo, ha chiesto il processo per Venturi, imputato anche di stalking e lesioni nei confronti della compagna, che avrebbe commesso tra il 2014 e il 2016. Una scelta, quela del pm Crupi, fatta anche per avere un vaglio processuale (l’udienza preliminare sarà il 6 luglio davanti al gup Raffaella Mascarino). La famiglia della stilista non ha mai creduto al suicidio e ha depositato complesse consulenze medico-legali in contrasto con la versione ufficiale.

Però la Suprema Corte ha ribadito che "allo stato" non sussistono "gravi indizi di colpevolezza a carico del Venturi" e che "con un grado di rilevante probabilità la morte della Benusiglio" è avvenuta "per suicidio". I giudici milanesi sarebbero arrivati infatti "a conclusioni logiche, strettamente aderenti ai fatti positivamente accertati e giuridicamente corrette".

Al contrario, si legge nella sentenza, "la diversa prospettazione" del pm – cioè l’ipotesi di omicidio volontario – si discosta "dall’insegnamento di questa Corte in tema di valutazione dei gravi indizi di colpevolezza a fini cautelari, che impone di tener conto della regola di giudizio a favore dell’imputato nel caso di dubbio". Anche per la Suprema Corte, infatti, la perizia medico legale svolta con incidente probatorio tre anni fa, "rappresenterebbe un "punto di arrivo coerente con le precedenti analisi, che avevano tutte stimato il suicidio e dunque l’autoimpiccagione come ipotesi di maggiore probabilità". Secondo la Procura, invece, Venturi quella notte, dopo l’ennesimo litigio con Carlotta, le avrebbe stretto "al collo una sciarpa oppure il proprio braccio" strangolandola. Poi avrebbe simulato "una impiccagione".