
Riccardo Chiarioni, secondo da sinistra, con la sua famiglia
Riccardo Chiarioni desidera iscriversi all’università, a una facoltà scientifica, che potrebbe frequentare a distanza, nell’Istituto penale per i minorenni di Firenze dove è detenuto per aver ucciso, a 17 anni, padre, madre e fratello di 12 anni nella notte tra il 31 agosto e il primo settembre 2024 a Paderno Dugnano, alle porte di Milano. Il giovane condannato in primo grado a 20 anni di reclusione, che nel frattempo ha compiuto 18 anni, ieri ha superato lo scoglio della maturità, sostenendo l’orale davanti a una commissione in trasferta del suo liceo scientifico.
"Dovrebbe essere andato tutto bene – spiega il suo legale, l’avvocato Amedeo Rizza – so che ha sostenuto l’esame, seguendo le procedure previste, ma non ho ancora avuto modo di sentirlo". Anche nelle settimane successive all’arresto, tra l’altro, aveva sostenuto un esame per recuperare un debito di matematica. Chiarioni, nella struttura con una ventina di detenuti, una dimensione più raccolta rispetto al Beccaria dove ha trascorso alcuni mesi, passa le giornate a leggere e studiare. Partecipa alle attività con gli altri ragazzi, frequenta corsi di arte e pianoforte, oltre alle visite con gli specialisti e alle terapie nell’ambito di un percorso di recupero psicologico e psichiatrico. Accanto gli sono rimasti i nonni, che quando possono fanno visita al nipote nella struttura dove, a meno di un trasferimento in una comunità al momento non previsto, dovrebbe rimanere fino all’età di 25 anni, per poi essere spostato in un carcere per adulti.
Intanto il suo legale ha depositato un’istanza urgente al Tribunale dei minori di Milano per chiedere che il giovane venga visitato dai propri consulenti e da un medico legale perché, dopo la sentenza di primo grado (la difesa farà ricorso), c’è un "serio rischio di gesti autolesionistici". Per il difensore, che dopo la condanna alla pena massima ha parlato con i propri consulenti psichiatrici, va valutato con urgenza se il ragazzo, date le sue condizioni psicologiche dopo il verdetto e il rischio di suicidio, possa stare ancora in regime detentivo o debba essere trasferito in qualche struttura. L’avvocato ha evidenziato che lo stesso psichiatra Franco Martelli, che ha firmato la perizia che ha accertato un vizio parziale di mente al momento dei fatti, non tenuta in considerazione dal giudice, aveva fatto presente i rischi di "gesti anticonservativi". Da qui la necessità che venga visitato al più presto dai due consulenti e da un medico legale nominato dalla difesa. Sull’istanza dovrà decidere la giudice Paola Ghezzi, che ha condannato il ragazzo con rito abbreviato. "Il nostro dovere è tutelarlo – spiega il suo legale – dal rischio legato allo choc della condanna ma soprattutto alla progressiva presa di coscienza di quello che ha commesso". Una strage rimasta senza una spiegazione, compiuta da un ragazzo che, stando a quanto era risultato dall’accertamento psichiatrico, "viveva tra realtà e fantasia".