Stermina la famiglia del fratello Strage per l’eredità: cinque morti

Il 48enne ha ucciso a colpi di pistola anche i nipoti di 11 e 15 anni oltre ai loro genitori e poi si è ammazzato. Il suicidio mentre era al telefono con i carabinieri. Era uscito di casa con tre pistole, i pm: tutto pianificato

di Nino Femiani

LICATA (Agrigento)

Una iraconda contesa per un pezzo di terra coltivato a ortaggi. Un contrasto che, con il passare degli anni, declina sempre più nella faida familiare, riempita di ripicche e rancori sordi e mai espressi. Poi l’esplosione, un piano folle e tragico che lascia attonita la città di Licata nell’Agrigentino. Un’intera famiglia sterminata da Angelo Tardino, 48 anni, che uccide a colpi di pistola il fratello minore Diego, la cognata Alessandra Ballacchino, e i figli della coppia, Vincenzo e Alessia di 11 e 15 anni. Braccato dai carabinieri, l’assassino decide poi di togliersi la vita in una strada poco distante dal luogo della carneficina. La mattanza ha inizio alle 7.30 quando Angelo si presenta a casa di Diego, di tre anni più giovane, in via Riesi, una stradina di campagna in contrada Safarello. Ha già intenzione di fare una carneficina, infatti si è portato dietro tre pistole, detenute legalmente: non vuole che nessuno dei familiari sfugga all’orribile "punizione" che ha in mente per loro.

Un piano sanguinario e premeditato. Subito dopo essere entrato in casa affronta il fratello. I vicini sentono urla e rumori, poi i primi colpi esplosi dalla pistola Beretta calibro 9. C’è solo da immaginare quello che sia successo dopo. Dopo aver sterminato la famiglia del fratello, si fionda in strada e scappa in auto. Intanto la moglie dell’omicida, preoccupata per averlo visto uscire armato fino ai denti, allerta i carabinieri, mentre i vicini di casa, che hanno sentito il fragore degli spari, telefonano al 113. Sono attimi convulsi e tesi, quando i militari entrano nella casa di via Riesi e si para davanti ai loro occhi un’immagine raccapricciante. Diego è stato affrontato e ucciso quasi sull’uscio di casa, il primo a morire. Alessandra e Alessia sono state colpite in cucina. Infine un particolare, macabro e doloroso al tempo stesso: il piccolo Vincenzo, nel tentativo di sfuggire alla furia omicida dello zio, si rifugia sotto il letto e tenta di nascondersi con una coperta. Quasi quella piccola trapunta potesse renderlo invisibile o proteggerlo come uno scudo dal piombo assassino.

Inizia la caccia all’uomo. I carabinieri telefonano a Tardino e gli chiedono di costituirsi. L’uomo, che è in macchina, risponde con la voce alterata, pronuncia frasi sconnesse. Di colpo, mentre la comunicazione è ancora in corso, i militari sentono uno sparo. Tardino si è puntata la terza pistola alla tempia e ha fatto fuoco. Lo credono morto, e invece si scopre che è ancora vivo. Viene trasportato in elisoccorso in ospedale "Sant’Elia" di Caltanissetta. Ma è in condizioni disperate, i medici spiegano che il paziente non è operabile, è ormai in coma irreversibile. Muore qualche ora dopo la carneficina. Il movente viene confermato dal terzo fratello Tardino, sentito in caserma nella tarda mattinata: terreni agricoli contesi, campi coltivati con pomodori, carciofi e primizie la cui proprietà è aspramente discussa.

Vite spezzate per i soldi, per avidità, per la "roba" come ai tempi di Giovanni Verga. La famiglia Tardino è molto conosciuta a Licata, è proprietaria di centinaia di ettari di terreno in cui si coltivano ortaggi e primaticci in serra ed è una delle realtà più attive nella produzione e distribuzione di frutta e verdura nella provincia di Agrigento. Proprio la suddivisione di questi terreni, centrali nella filiera commerciale, avrebbe originato i dissapori tra i fratelli fino a sfociare in tragedia.

Il paese è muto e sgomento. Viene proclamato il lutto cittadino, ma sono in tanti a interrogarsi sulla strage su cui indaga il procuratore Luigi Patronaggio. "Quella di Diego era una famiglia normale, affettuosa, salutavano sempre – dice don Licata Totino Licata, parroco della chiesa San Giuseppe Maria Tomasi –. Ricordo il sorriso dei bambini, quei poveri bambini… C’erano dei contrasti. Diego, per quello che ne so, si era trasferito in campagna per questo motivo. Avevano liti per il patrimonio, per l’eredità: i campi, le serre, il pozzo d’acqua. Angelo e Diego erano entrambi agricoltori".