Giovedì 18 Aprile 2024

Stefano Leo, giudice chiede scusa a genitori. "Succede perché qui manca personale"

Torino, il presidente della Corte d'Appello: "Problema nell’esecuzione della sentenza, ma non siamo corresponsabili". Killer condannato era libero, mancano cancellieri per notifiche

Palloncini rossi nel luogo dove è stato ucciso Stefano Leo (Ansa)

Palloncini rossi nel luogo dove è stato ucciso Stefano Leo (Ansa)

Torino, 5 aprile 2019 - "Come rappresentante dello Stato mi sento di chiedere scusa alla famiglia di Stefano Leo. Non consento di dire che la Corte d’Appello sia corresponsabile dell’omicidio". Così il presidente della Corte d’Appello di Torino, Edmondo Barelli Innocenti, chiamato in causa per la vicenda della mancata carcerazione di Said Mechaquat, 27enne italiano di origini marocchine, indagato per l’uccisione di Stefano Leo ai Murazzi lungo il Po, e che quel giorno doveva essere sotto custodia anziché libero di muoversi senza restrizioni a commettere reati.

"C’è stato un problema nell’esecuzione della sentenza. Posso scusarmene, ma non c’è nessuna certezza che Mechaquat Said - precisa - potesse essere ancora in carcere il 23 febbraio". “Faremo un’indagine interna accurata“ ha aggiunto Barelli Innocenti, nell’ammettere l’errore avvenuto alla cancelleria del tribunale, che non ha trasmesso la sentenza definitiva alla Procura, e che di conseguenza non ha potuto emettere l’ordine di carcerazione. Accanto al giudice, il collega presidente della Corte d’Assise d’Appello, Fabrizio Pasi.

“In questa vicenda ci sono una serie di coincidenze negative e dolorosissime – dice –. Said era una persona pericolosa nell’ambito di maltrattamenti familiari, c’è un abisso tra quello che aveva fatto in passato e il delitto consumato ai Murazzi". "Il personale amministrativo delle Corti d’Appello non solo a Torino ma in tutta Italia è inadeguato – ha aggiunto Barelli Innocenti – e il ministero sta già provvedendo per nuove assunzioni per risolvere il problema dell’esecuzione dell’arretrato penale. La massa di lavoro da smaltire è tale che il ministero della Giustizia dovrebbe provvedere a reclutare cancellieri e assistenti, perché è quello di cui abbiamo bisogno".

“La persona indagata dell’omicidio - ha spiegato il magistrato - ha commesso maltrattamenti in famiglia nel 2013. La sentenza di primo grado che lo condanna è del 20 giugno 2016, a tre anni di distanza dai fatti. E stato proposto appello, come sapete la corte d’Appello è in grave ritardo, però in questo caso ha emesso un’ordinanza di inammissibilità il 18/4/2018, cioè entro i due anni previsti dalla legge Pinto. Una volta che il giudice ha emesso il provvedimento, sia sentenza o ordinanza, il provvedimento passa alla cancelleria e può essere impugnato in Cassazione. Se, come in questo caso, non viene fatto, la cancelleria appone un timbro di irrevocabilità dopodiché c’è la fase esecutiva, che spetta alla procura".

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"La sentenza - ha concluso Barelli Innocenti - è divenuta irrevocabile l’8 maggio 2018, se noi fossimo nel migliore dei mondi nei possibili, se il 9 maggio il cancelliere avesse visto che era stato condannato a un anno e sei mesi senza condizionale e avesse trasmesso immediatamente l’estratto alla procura, e questa avesse eseguito questa sentenza, non c’è alcuna garanzia che il 23 febbraio sarebbe stato in carcere. Per cui l’equazione che ho letto sui giornali, secondo la quale mancava solo una firma, bastava trasmettere questo o quest’altro perché ciò non succedesse, non è così”.

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