Sabato 20 Aprile 2024

Sara Simeoni: "Star della tv a 68 anni? Il mio salto più alto"

Dall’oro olimpico di Mosca a protagonista del “Circolo degli anelli“: non pensavo di diventare così popolare per un programma "Il look da giapponese? Mio figlio mi aveva detto di improvvisare. La vittoria di Tamberi è stata la gioia più grande"

Sara Simeoni (Ansa)

Sara Simeoni (Ansa)

di Doriano

Rabotti

Mentre in pista, sulle pedane e in acqua gli azzurri stabilivano il record di medaglie olimpiche, Sara Simeoni tornava a vincere un oro a distanza di oltre quarant’anni da quello di Mosca 1980: la quarantunesima medaglia di Tokyo è la sua, perché da ospite tecnica della trasmissione Il circolo degli anelli è diventata giorno dopo giorno una vera mattatrice. Dai siparietti con Jury Chechi, dove i due si cimentano in acrobatiche capriole in diretta, fino all’ultima puntata in cui Sara si presenta con vestito e acconciature da tradizione nipponica, il successo della Simeoni sui social è stato assoluto, tanto che da Facebook a Twitter sono pure comparsi vari gruppi di fan – come “I bambini di Sara Simeoni“ – che hanno dimostrato come il lato ironico e giocoso (che nessuno conosceva) del mito della nostra atletica piace, e molto.

Sara, è diventata un’icona anche in tv. Se l’aspettava?

"Per niente. Non avevo la minima idea di che cosa potesse venire fuori dalla mia presenza. È stato tutto così strano e per certi versi casuale. Mi avevano chiesto se ero disponibile un anno prima, quando le Olimpiadi si sarebbero dovute fare regolarmente nel 2020. Ma dopo il rinvio pensavo che la cosa fosse finita lì".

E invece.

"Invece mi hanno richiamato. Io ho detto va bene, ma ho fatto presente che ero fuori dal mondo dell’atletica di quel livello da 40 anni. Mi hanno detto di non preoccuparmi, poi una volta a Milano ho conosciuto meglio Alessandra De Stefano, la conduttrice, che è stata molto brava a mettermi a mio agio. E si è creato subito un ambiente ideale".

Sembravate vecchi amici.

"In realtà Domenico Fioravanti l’avevo visto una volta vent’anni fa, con Jury Chechi forse ci saremo frequentati una volta di più, gli altri li ho incontrati per la prima volta in trasmissione. È venuta così, si è creata una chimica da spogliatoio che forse è stata aiutata dal fatto che tutti provenissimo dallo sport. Ma anche con i cameraman e i giovani che giravano per lo studio siamo subito andati d’accordo, ci trovavamo a cena in piena notte e questo spirito era ancora con noi. È venuto tutto molto naturale, come quando la mamma di Desalu non ha potuto essere presente perché doveva lavorare come badante: era giusto raccontarlo perché era andata esattamente così, era giusto aspettare che lei avesse il tempo libero per fare l’intervista".

Perché è arrivata in tv solo adesso?

"Quando gareggiavo mi invitavano, ma non avevo un manager allora, figuriamoci se lo dovevo prendere quando ho smesso. Non so perché non avessero mai pensato di coinvolgermi, prima. Forse non facevo audience".

Stavolta l’ha fatta di sicuro, il suo costume tradizionale giapponese è stato il gran finale.

"A me fa solo piacere se abbiamo tenuto compagnia agli italiani per venti giorni portando qualche sorriso, ne avevamo tutti bisogno dopo due anni in cui abbiamo sentito solo brutte notizie. Sul costume, che devo dire? Mio figlio Roberto mi aveva detto fin da subito di essere me stessa e di divertirmi. Poi al trucco le cose sono nate per gioco".

Abbiamo visto nascere un personaggio televisivo, o dobbiamo considerarlo solo un exploit?

"Io non ci pensavo prima e non ci sto pensando adesso, non avrei neanche l’idea di cosa poter fare. Penso che replicare una cosa del genere non sia possibile, è venuta così e prendiamola così"

È stato faticoso?

"Non eravamo a Tokyo, ma ho dovuto ritarare tutti gli orari sul fuso giapponese. Io poi non ho mai fatto vita mondana, andavo a letto al più tardi a mezzanotte, e invece durante quei venti giorni si finiva spesso alle 3, e poi iniziavano già le gare del giorno dopo, quindi non avevi mai grandi opportunità di riposare. Ho dovuto rivedere i miei bioritmi, adesso mi sto riprendendo".

Eppure lo sport, soprattutto in un’edizione in cui l’atletica azzurra è stata regina, è il suo pane.

"È stato un tuffo in qualcosa che comunque da anni non vivevo, a quei livelli, perché prima facevo l’atleta e una volta non c’erano queste trasmissioni oceaniche. I primi giorni eravamo preoccupati perché tre ore di diretta ci sembravano tante, presto ci siamo ritrovati a dire: beh, già finito?"

Gli atleti vi hanno aiutato, a divertirvi, vincendo spesso. Da spettatrice sono state le olimpiadi più belle, per lei?

"Devo dire la verità, da quando ho smesso non avevo mai seguito in questo modo i Giochi. Se ero a casa casa le guardavo, ma se dovevo uscire faceva lo stesso. Qui è stata un’abbuffata, non solo per l’atletica".

È vero che un ex atleta, da spettatore, soffre di più?

"Solo se guardi gareggiare tuo figlio, perché non puoi fare niente. Altrimenti non è tutto questa tragedia, magari soffre di più un ex atleta che fa l’allenatore. Per noi è come guardare un film, io ho smesso senza fare drammi e ho vissuto le cose con distacco. Molto dipenderà anche dal carattere".

Neanche Gimbo Tamberi l’ha fatta emozionare?

"Certo, quella è la gara che ho guardato con più attenzione e partecipazione, sperando che si tramutasse in qualcosa di bello. E così è stato".

L’atletica che si rialza e si esalta nella propria fatica è lo specchio del Paese?

"Ci andrei piano. I ragazzi che hanno vinto le medaglie non sono venuti dal nulla, hanno seguito un percorso e sono stati messi nelle condizioni di lavorare bene anche a casa o nei gruppi sportivi militari. Come presidente di una piccola società sportiva, la Lupatotina, devo dire che i problemi veri per il lockdown li ha avuti la base, non il vertice che è un mondo a parte. Altrimenti i risultati non sarebbero venuti fuori, semmai il Covid impedendo di svolgere competizioni in giro per il mondo ha permesso agli atleti di concentrarsi meglio sulle olimpiadi, senza andare in giro per meeting a monetizzare. Cosa che non mi sento di criticare, peraltro".

Lei che cosa fa quando non va in tv?

"Ho lavorato per anni con le scuole per fare promozione, poi come presidentessa della Lupatotina dove cerchiamo di avviare i ragazzi all’atletica leggera. Al nord i problemi non sono gli impianti all’aperto, quelli ci sono: a San Giovanni Lupatoto ne abbiamo uno che va benissimo. Il problema è l’attività indoor d’inverno, quando mio figlio gareggiava, ed era stato anche campione junior nel salto in alto, a un certo punto fu costretto a prendere una decisione. Perché gli impianti indoor erano a Padova o a Modena, avremmo dovuto portarlo da Verona per allenarsi. Queste sono le vere barriere contro cui deve scontrarsi l’attività di base".

Ma a lei il feedback del successo televisivo è arrivato?

"Pure troppo. Ho ricevuto messaggi anche di gente che non sentivo da tanto tempo, il telefono scottava. E infatti appena mettiamo giù lo stacco e vado in vacanza".

Dove?

"Lontano".