Bollette, stangata senza fine. Imprenditori al bivio: alzano i prezzi o chiudono bottega

Bolletta da 600mila euro, catena di hotel pugliese sospende l’attività. Sondaggio Swg: un’impresa su quattro limiterà gli orari di apertura

Bollette bruciate in strada a Bologna

Bollette bruciate in strada a Bologna

Chiudere o aumentare i prezzi: è questo il drammatico bivio di fronte al quale si stanno trovando migliaia di imprese in questo inizio d’autunno. L’impennata dei costi delle bollette di gas e elettricità, se da un lato si scarica sui prezzi di beni e servizi con l’inflazione a livelli record e un salasso per il potere d’acquisto di lavoratori e famiglie, dall’altro rischia di far chiudere o ridimensionare un numero crescente di attività produttive. Anzi, la gelata per tante aziende è già cominciata: l’incremento record dei costi di luce e riscaldamento, da 100mila a 600mila euro mensili, ha spinto o costretto il Gruppo Caroli a chiudere tutti e cinque gli alberghi del Salento da mille posti, con circa 300 dipendenti finiti in cassa integrazione. Per ora. Un caso che non è un caso isolato. Tutt’altro. "Quello che è accaduto nel Salento lo vedremo ripetersi in tante città italiane, tra novembre e dicembre – avvisa Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi –. Il nostro settore è fortemente energivoro e dal 2019 abbiamo avuto otto aumenti delle bollette, con un’incidenza della voce specifica che raggiunge ora il 15-20% del fatturato. Dopo una stagione positiva, ci ritroviamo insieme di fronte al calo del turismo e all’impennata del gas e dell’energia. La conclusione è che siamo fortemente a rischio chiusura e che, anzi, le chiusure sono già cominciate". Un fermo delle attività che nasce dagli "spropositati ed insostenibili costi, che hanno eroso totalmente i margini di profitto", spiega Attilio Caputo, direttore generale delle strutture alberghiere salentine operative dal 1966. Ma che vede anche la burocrazia remare contro: "L’installazione di impianti fotovoltaici non è stata ancora autorizzata", incalza il manager.

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Il fronte degli alberghi, ristoranti e strutture ricettive, è, d’altra parte, solo uno dei mille fronti aperti e a rischio. Il caro bollette fa male a tutti, alle attività energivore in primo luogo, ma anche a tutte le altre. Con la conseguenza che la stima di oltre un milione di posti di lavoro in pericolo di qualche settimana fa appare oggi anche sotto-dimensionata. Mentre la stessa nota di aggiornamento del Def del governo Draghi ipotizza un recupero del divario prezzi-salari solo dal 2024.

Secondo un sondaggio di Swg per Confesercenti, del resto, il 26% delle Pmi pensa di limitare gli orari di lavoro e di apertura, ad esempio anticipando la chiusura per consumare meno energia. A queste si aggiunge un 6% che pensa a una sospensione dell’attività nel periodo di bassa stagione. Il 18% dichiara, invece, di stare valutando una riduzione del numero dei dipendenti. Il 13% si rivolgerà al credito per pagare a rate gli importi richiesti. Ma, d’altra parte, la reazione del ridimensionamento, fino alla chiusura, delle attività è solo una delle possibili risposte all’emergenza gas. Il 36% delle Pmi prevede di essere costretta ad aumentare i prezzi finali dei propri prodotti e servizi per riuscire a sostenere la stangata energetica. Anche se l’aumento non è spesso una strategia praticabile per contrastare il boom dei costi fissi: per molte attività, traslare gli importi delle bollette sui prezzi finali vorrebbe dire andare fuori mercato.