Spesa sempre più cara e salari fermi La tempesta che ci svuota le tasche

Anche Bankitalia lancia l’allarme: con la flat tax gli effetti dell’inflazione penalizzano i lavoratori dipendenti. Il carrello della spesa è aumentato del 13%. E per il 2023 la grande distribuzione prevede il rialzo dei prezzi

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di Achille Perego

L’anno si chiude con i maxi rincari nel carrello della spesa – con un più 13,6% a novembre per alimentari e bevande – che renderanno più cara anche la spesa per le festività nonostante le campagne promozionali dei supermercati. Le offerte sugli scaffali non potranno riportare i prezzi a quelli del Natale 2021, semmai ridurre la pressione su quelli dei prodotti ricorrenti delle Feste. In un momento storico dove all’aumento dei prezzi non corrisponde un aumento dei salari, con le famiglie che hanno quindi visto diminuire il loro potere d’acquisto.

A causa dell’inflazione, calcola l’Unione nazionale consumatori, nel 2022 il costo per fare la spesa (alimentari e bevande) è cresciuto di 767 euro a famiglia – cifra che sale a 944 euro per una coppia con un figlio, a 1046 con due e a 1249 con tre – e ora il rischio è che da gennaio vada anche peggio.

Tra l’altro ieri Bankitalia ha fatto notare che la "discrepanza di trattamento tributario tra dipendenti e autonomi" in manovra, in un periodo di "inflazione elevata", con la flat tax solo per gli autonomi, "comporta un’ulteriore penalizzazione" per i dipendenti.

Se lo scenario macroeconomico è quello di una frenata dell’inflazione il prossimo anno, con una discesa dal secondo semestre, lancia l’allarme Giorgio Santambrogio, ceo del gruppo VéGé, "abbiamo già ricevuto da ben 284 fornitori delle industrie di marca l’aggiornamento dei listini per il 2023 con rincari dal 3-4% fino a punte del 26-27%".

Aumenti che la grande distribuzione non sarebbe più in grado di non trasferire a valle, ma sui quali le catene distributive faranno nelle prossime settimane "un attento esame per capire, tenendo conto che la fiammata del caro-energia si è stabilizzata così come gli aumenti delle materie prime, quali richieste nascondano rincari speculativi e, nella migliore delle ipotesi, il mettere le mani avanti ipotizzando – senza però il riscontro dei fatti - un’inflazione più alta nel 2023". Intanto, già così, i rincari degli alimentari sono da record. In cima alla classifica con i dati Istat di novembre, analizza Coldiretti, ci sono con un +52,3% gli oli di semi, soprattutto quello di girasole, che risente della guerra in Ucraina; al secondo posto lo zucchero (+48%) e al terzo il burro (+41,7%). Seguono il riso (+35,3%) spinto anche dal crollo della produzione nazionale a causa della siccità, e il latte uht (+33,1%), davanti a margarina (+29%), farina (+23,5%), uova (+21,6%), pasta (+21,3%) e latte fresco parzialmente scremato (+20%).

Di fronte al caro-spesa, il 47% degli italiani, secondo ColdirettiCensis, è stato costretto a ridurre le quantità di cibo acquistato tagliando alcolici e dolci (44%), salumi (38,7%), pesce (38%), carne (37%) e persino gli alimenti per bambini (31%). Un po’ meno colpiti, ricorda Lorenzo Bazzana, responsabile economico di Coldiretti, i prodotti della dieta mediterranea come frutta (meno acquistata dal 16%), verdura (dal 12%) e pasta (dall’11%). Un 37% di italiani è stato addirittura costretto a risparmiare sulla qualità sebbene non ci sia stata un boom dei discount mentre, per evitare gli sprechi, è aumentata la frequenza degli acquisti (con relativa riduzione dello scontrino medio) e, rileva Federdistribuzione, si cercano soluzioni più economiche a parità di prodotti (primi prezzi e marchio della catena commerciale) e oltre un terzo ha ridotto i consumi. Con il rischio che sarà un Natale più austero anche se Confcommercio stima una spesa pro-capite solo leggermente più bassa a 157 euro pro-capite.

Il caro-prezzi non ha risparmiato i beni di prima necessità, dal pane alla pasta al latte, sul quale il governo aveva pensato di azzerare l’Iva. Dopo i rincari dei mesi scorsi, anche oltre il 20%, la corsa dei prezzi dal fornaio, spiega Davide Trombini, presidente di Assopanificatori-Fiesa, si sarebbe fermata, ma non il caro-bollette che mette a rischio le aziende.

Stabili per ora anche i prezzi di spaghetti & C., ma calcolando il consumo pro-capite annuo (23 chili di pasta e 41 di pane) si spendono 10 e 25 euro in più, e quindi anche un centinaio a famiglia. Resta in tensione invece il latte – con gli italiani che preferiscono quello a lunga conservazione per evitare sprechi – ma, avverte Bazzana, non arriverà certo a 3 euro al litro!