Speranza sotto assedio. Ma il ministro del rigore non molla

Cresce il pressing su Palazzo Chigi per sostituirlo, ma Draghi nega di avergli chiesto di lasciare. La Lega lo considera l’uomo dei divieti. Il caso delle inchieste giudiziarie sulla gestione della pandemia

Il ministro della Salute, il 42enne Roberto Speranza

Il ministro della Salute, il 42enne Roberto Speranza

Per quanto Draghi continui a difendere Roberto Speranza, l’assedio va avanti. Il ministro della Salute è diventato la bestia nera del centrodestra e di quanti vogliono riaprire l’Italia, perché ritenuto l’ostacolo alla ’libertà’ dal Covid: non a caso, è stato il principale bersaglio delle manifestazioni di questi giorni. Naturalmente, le cose sono più complesse ma nell’immaginario della base leghista e forzista si è sedimentata questa percezione che si salda con alcuni calcoli politici. Per Salvini sbarazzarsi del leader di Leu significa spezzare l’ultimo anello di congiunzione tra il governo Conte e quello Draghi, segnare un punto fondamentale nello scontro con Giorgia Meloni e fare apparire l’inefficienza del precedente esecutivo l’unica responsabile del disastro dell’ultimo anno.

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Ecco perché non abbassa il tiro e prende di mira il libro scritto dal ministro a pandemia in corso: "È pieno di arroganza e volgarità". Un ruolo gioca Renzi, che non attacca direttamente Speranza ma invoca una commissione d’inchiesta "per capire chi ha sbagliato in questo lungo anno sulle mascherine, sui ventilatori, sugli acquisti dalla Cina", e continua così a bombardare l’asse giallorosso. In ballo pure la galassia grillina: il gruppo di Alternativa c’è annuncia una mozione di sfiducia e l’ex M5s Barbara Lezzi avanza un’interrogazione sul caso Ranieri Guerra e il report Oms fatto sparire, avendo nel mirino più Conte che il leader Leu.

Da questa matassa aggrovigliata nascono le voci raccolte ieri da un pezzo esplosivo del Messaggero di un pressing di Draghi per convincere Speranza ad accettare un nuovo incarico, magari all’Oms. Palazzo Chigi smentisce decisamente, al dicastero della Salute fanno altrettanto, denunciando la campagna di disinformazione forse – dicono – ispirata proprio dalla Lega.

A dimettersi Speranza non ci pensa per niente e del resto eliminare quel tassello vorrebbe dire far saltare tutto il delicato equilibrio tra continuità e discontinuità con l’esecutivo precedente sul quale poggia l’attuale. Se non un cambio di ministro, si profila un cambio di passo. A stretto giro, probabilmente prima del weekend, Draghi convocherà la cabina di regia per discutere di riaperture.

Ma tutto lascia pensare che la ’caccia’ continuerà. Nonostante Leu chieda a gran voce con la capogruppo al Senato De Petris che "si ponga fine al tiro al bersaglio sul ministro", è difficile che l’auspicio si realizzi. L’assedio e le ostilità proseguiranno proprio perché troppi sono gli interessi politici in campo intorno alla poltrona di Speranza. Una sua rimozione al momento sembra davvero improbabile ma molto dipenderà dall’esito delle inchieste in corso: quella sul caso Oms–Ranieri Guerra e quella sulle eventuali responsabilità del governo nel disastro della Val Seriana. Certo se lì si apriranno dei varchi saranno in parecchi nella maggioranza, primo ma non unico Matteo Salvini, a sfruttare la circostanza per metterlo alla porta.