Martedì 23 Aprile 2024

Sparò al frigo ma uccise un ragazzo. Altro che gioco: sconterà 30 anni

Il caso nel 2014. La vittima era un suo dipendente di 23 anni. Imprenditore condannato per omicidio volontario

I rilievi subito dopo l’omicidio del pastore Qamil Hyraj ucciso a 23 anni (archivio)

I rilievi subito dopo l’omicidio del pastore Qamil Hyraj ucciso a 23 anni (archivio)

Voleva fare un gioco "macho" o solo usare il suo dipendente come bersaglio per i suoi capricci? Per i giudici della Corte d’Assise di Lecce non ci sono dubbi: il pastore di origini albanesi, Qamil Hyraj, freddato con due fucilate, è vittima di omicidio volontario con dolo eventuale (un reato che si configura quando il colpevole non cerca di uccidere, ma ritiene che sia seriamente probabile l’assassinio). E l’autore del delitto, Giuseppe Roi, 37enne di Porto Cesareo (Lecce), titolare di un’azienda agricola a Torre Lapillo, è condannato a trenta anni di reclusione. La tragica storia ha inizio a mezzogiorno del 6 aprile del 2014, ma ha un prologo che risale a settimane, forse mesi prima.

Roi, infatti, ha la passione per le armi, carabine e pistole di ogni calibro. Non solo le detiene, ma si diverte a sparare su muri e bidoni nelle campagne tra Torre Lapillo e Torre Castiglione dove Hyrai gestisce il pascolo per le pecore del suo datore di lavoro. "Prima o poi succede che mi ammazza", si sfoga il ventitreenne albanese. E ricorda che, già in una precedente circostanza, il "padrone" gli aveva sparato "per scherzo" da distanza ravvicinata. Qamil è un giovane a modo, arrivato in Italia per lavorare, sa fare il pastore. Conduce una vita spartana, dorme su un giaciglio e con un cugino si alterna nella gestione del pascolo. Non ha nemici, né precedenti penali né legami pericolosi. Per questo motivo quando i carabinieri trovano il suo corpo trafitto da due proiettili capiscono che devono rivolgere la loro attenzione al "padrone pistolero". In breve tempo ricostruiscono cosa è avvenuto in quel lembo di terra poco distante dalla fattoria nel quale vive lo sparatore. Ecco la dinamica del delitto che ricostruiscono. Roi si sistema dietro un muro di cinta rivolto verso Hyraj tanto da poterlo vedere nitidamente. Dopo un primo colpo di carabina, Qamil viene colpito in fronte da un secondo proiettile. Cade supino, morto, davanti a un terrapieno, nella stessa posizione in cui lo trovano i sanitari del 118 e gli investigatori.

"Quella del pastore è la cronaca di una morte annunciata", dice la pm Carmen Ruggiero citando Garcia Marquez e chiede alla Corte una condanna a 25 anni. I giudici sono ancora più severi. Conta che dopo l’omicidio Roi sparisce. Non solo non avvisa le autorità ma cerca con il padre di costruire una pista alternativa, simulando il furto di pecore. Inoltre nel corso del processo non si sottopone mai ad un interrogatorio e a un controesame. Lui rivela solo ai genitori che "sono disperato per quello che ho fatto, volevo solo colpire un frigorifero e divertirmi un po’". Inizialmente il titolare dell’azienda viene arrestato per omicidio volontario. Il Riesame, sulla scorta degli accertamenti balistici dei consulenti della difesa (tra cui il generale Garofano), scarcera l’imprenditore riqualificando il reato in omicidio colposo; accusa confermata dal gup, al termine dell’udienza preliminare. Poi in seguito a nuovi interrogatori il colpo di scena con la riconfigurazione del reato: Roi pur di divertirsi accetta persino la possibilità di uccidere un soggetto innocente. "Ho sempre avuto fiducia nella giustizia italiana, era quello che ci aspettavamo e per questo ringrazio dal profondo del cuore tutti coloro che hanno lavorato e seguito questo caso, soprattutto il pm che ha fatto un lavoro enorme per l’onore di mio fratello", dichiara dopo la lettura della sentenza Fatjona Hyraj, la sorella di Qamil.