Mercoledì 24 Aprile 2024

Spagna e Grecia, i primi avversari "Allentano le regole e ci sfidano"

Il professor Caroli, esperto di turismo: "Il green pass Ue ristabilirà la parità. Il problema è chi rimarrà a casa"

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ROMA

"Saranno ancora vacanze autoctone, centrate sul turismo interno o europeo di prossimità, quello di tedeschi, austriaci, francesi. La stagione andrà piuttosto bene, molto meglio della precedente, i primi segnali sul fronte delle prenotazioni sembrano essere positivi, ma la notte non è ancora finita, mancherà ancora una quota importante di turismo estero, specialmente il turismo estero di lunga percorrenza e ad alta capacità di spesa: americani, russi, giapponesi, cittadini degli Stati del Golfo. E questo penalizzerà in particolare le città d’arte". Così il professor Matteo Caroli dell’università Luiss, ordinario di economia e direttore del master in tourism management.

Quanto pesa il turismo nel rilancio dell’Italia?

"Le stime fatte prima del Covid davano la filiera ampia del turismo, quindi compresi anche i viaggi, i convegni, il food legato al turismo, attorno al 12-15% del Pil nazionale, con pesi ovviamente diversi a seconda delle regioni. La ripartenza del sistema turistico è fondamentale per il rilancio del Paese".

Qual è oggi la capacità attrattiva dell’Italia, rispetto ad altre destinazioni turistiche?

"Per il dispiacere dei nostri competitor, l’Italia era e rimane saldamente tra i Paesi più attrattivi al mondo, specialmente per il turismo di qualità. La leadership nel turismo non si misura banalmente, e sempre meno si misurerà, nel numero di arrivi, che oggi premia paesi come la Spagna che punta al turismo di massa. Quello che conta è la capacità del turista di generare valore nel Paese dove soggiorna. Il futuro è nel turismo di qualità e qui l’Italia c’è. Anzi, il Covid ha accentuato la domanda di un turismo di questo tipo, e il nostro sistema di offerta, basato su una ricettività di strutture medio-piccole, calza a perfezione con gli orientamenti del mercato. A patto che non si culli sugli allori e prosegua in un percorso di rafforzamento dell’offerta ricettiva, oggi a luci e ombre".

La Spagna e la Grecia puntano a sottrarci una quota di turisti.

"Sì certo, la Spagna in particolare è molto aggressiva. Due settimane fa ha detto: venite pure, dal 7 giugno riapriamo tutto, e questo ha un suo peso nell’orientare le scelte dei consumatori. E la Grecia è stata brava nel promuovere le sue isole Covid free. C’è una competizione nell’allentamento delle regole. A parte le considerazioni relative ai rischi sanitari direi però che per sfortuna della Spagna e della Grecia il turismo internazionale rimarrà ancora lontano dei picchi del 2019 e quindi la quota che potranno sottrarre è limitata, pur se un qualche effetto queste politiche aggressive lo avranno. E poi il green pass europeo, che sarà operativo da inizio luglio, farà da livella, ristabilendo condizioni di quasi parità. Ma il problema vero è chi rimarrà a casa e non andrà in vacanza da nessuna parte. Il turista mancato è il convitato di pietra di queste vacanze e andrà recuperato per il 2022".

Cosa fare per aumentare le competitività e vincere la guerra per il controllo della torta turistica?

"Bisogna migliorare l’integrazione tra offerta fisica e digitale, sviluppare prodotti che richiedano la partecipazione di attori diversi, avere ben chiara l’importanza sempre maggiore del destination management. Servono tecnologia e competenze e chi sarà più bravo a sviluppare e adeguare il proprio capitale umano e le proprie strutture sarà il vincitore. Altro aspetto chiave è la valorizzazione delle nostre destinazioni, che hanno una straordinaria diversificazione ma che sono in larga parte poco conosciute all’estero. Bisogna favorire la connessione tra attori privati e pubblici e creare un’offerta sistemica che convinca il turista a venire a rimanere per più giorni, scegliendo offerte qualificate".

A suo avviso le isole e i territori Covid free servono in questa fase ad attirare turisti?

"Per questa estate probabilmente sì. In un quadro di incertezza danno un’impressione di sicurezza, e chi prima li ha fatti, penso alla Grecia, ne avrà un qualche vantaggio. Ma non credo siano un fattore decisivo, del resto anche l’Italia si è mossa in questa direzione, riducendo così il vantaggio competitivo di chi ha agito per primo".

Alessandro Farruggia