di Nicola Bianchi
Questa volta nei guai vi è finito per una donna, la stessa che anni fa gli garantì la buona condotta. Compagna che l’ex vice-sovrintendente della Narcotici di Bologna ora avrebbe maltrattato e mandato in ospedale. Risultato? Liberazione condizionale sospesa e immediato ritorno in carcere. Lui è Marino Occhipinti, 57 anni forlivese di Santa Sofia, membro della banda della Uno Bianca (24 croci, 103 feriti), che torna a fare parlare di sè proprio a pochi giorni dal definitivo ritorno allo status di libero (a ottobre sarebbero scaduti i cinque anni della condizionale).
I conti con la giustizia iniziarono il 29 novembre 1994 quando finì in manette, poi condannato all’ergastolo, per l’assassinio nel 1988 della guardia giurata Carlo Beccari a Casalecchio di Reno. Ventiquattro anni dopo, il 20 giugno 2018, ecco la contestatissima libertà condizionale: il suo pentimento, scrisse il Tribunale di sorveglianza, "è autentico", non "è socialmente pericoloso".
Misura rimasta in essere fino a tre giorni fa quando, con un provvedimento d’urgenza, il magistrato di sorveglianza Stefano Furlani ha sospeso il beneficio ordinando l’immediato ritorno nel carcere Due Palazzi di Padova. "La situazione è di estrema delicatezza – spiega l’avvocato Milena Micele che ha presentato reclamo che verrà discusso il 24 agosto – e ci sono molte cose da chiarire". Occhipinti, ciò che ora emerge, risulta indagato dalla Procura patavina per maltrattamenti nei confronti della compagna – con la quale non conviveva più – dal 28 marzo. Scrive il magistrato di sorveglianza che la vittima "avrebbe raccontato di una pluralità di episodi di violenza a una psicologa", raccomandandosi che non ne venisse a conoscenza Occhipinti "temendo reazioni violente".
Il 26 marzo risulta poi un accesso al Pronto soccorso di Padova per percosse e lesioni dove "lei riferì di essere stata picchiata da una persona nota, mai nominata, e di aver avuto una perdita di coscienza". Sentita dal pm, però, la stessa negò i fatti, "indicando l’aggressore in un ignoto". Una ricostruzione ritenuta "poco credibile", come confermato "da altre fonti", e dovuta al "timore della stessa per la propria incolumità". Ad avvalorare la tesi dell’accusa, rigettata da Occhipinti con forza, c’è poi un altro aspetto: lui che da tempo si era rivolto a un centro per uomini maltrattanti, lei a una struttura antiviolenza. L’ex complice dei fratelli Savi, "protagonista fin qui di un cammino significativo", a fine giugno si era visto rigettare la richiesta di libertà anticipata per due motivi: l’aver condiviso lo stesso domicilio, in una parrocchia di Padova, con un pregiudicato "senza aver reso edotta l’autorità giudiziaria". E per aver rivolto parole ritenute non consone a un magistrato durante un ricovero ospedaliero.
"Mi dispiace per quella donna, ma il fatto che Occhipinti torni in carcere è una bella notizia", così Rosanna Zecchi, presidentessa dell’Associazione dei familiari delle vittime della Uno Bianca. "Lui e i Savi – ha aggiunto – sono violenti e lo rimarranno per sempre".