Venerdì 19 Aprile 2024

Casini: "Sono stato presidente per una notte. Poi ho preso gol in pieno recupero"

Il senatore è stato a un passo dal Quirinale: "Come diceva Boskov, partita non finisce finché arbitro non fischia. Mia figlia di 17 anni vuole fare politica, le ho detto che vince chi non molla mai. I valori sono la ragione di tutto". L'intervista

Giorgio Comaschi e Pier Ferdinando Casini durante l'intervista a Bologna

Giorgio Comaschi e Pier Ferdinando Casini durante l'intervista a Bologna

Allora, diciamolo pure: per una notte sei stato presidente della Repubblica, poi… hai preso gol al 94’.

"Uno di quei tiri da quaranta metri. Mi viene in mente quello che diceva Boskov: partita non finisce finché arbitro non fischia".

E sorride. Ma non amaro. Sorride e basta. Pier Ferdinando Casini. Forse non un politico, ma "Il Politico" assoluto, per costanza, fedeltà e servizio all’idea. Poi è tante altre cose: Casini è Bologna, è rossoblù, è equilibrio, è battuta pronta, è italiano parlato bene.

Una mattina ai Giardini Margherita. "Sì, facciamo l’intervista, ma devi venire a camminare con me. E poi devi andare veloce sennò io vado via sulla salita dei leoni". E allora intervista e per fortuna che leggendola non sentite il fiatone di due nati negli anni 50.

Pier Ferdinando, ma che idea ti sei fatto di quello che sta succedendo? Che mondo stiamo vivendo?

"Mio padre, 40 anni fa, mi diceva: “Tu fai politica oggi in un’epoca che è migliore della mia ma tutto è più confuso oggi, è più difficile di quello che era per me“. Figuriamoci oggi. Tutto è moltiplicato. Abbiamo di che essere angosciati. Veramente. Da tutto. Dal problema del clima, dalla guerra, dalla prepotenza della rete. La rete sarebbe fantastica e lo è, ma riduce in maniera tremenda gli spazi di democrazia. Rende tutto più confuso".

Quindi siamo senza speranza?

"No, non è vero. Bisogna pensare così: che a volte dal male nasce il bene. La guerra per esempio. Io penso che sia uno degli orrori della nostra epoca. Ma forse può servire a risvegliare le coscienze di tutti. E a capire che la democrazia non ci è stata regalata e non bisogna stare lì a fare niente. Bisogna difenderla, ogni giorno. E quindi la speranza ce l’ho".

Adesso ognuno sulla rete scrive l’editoriale di se stesso. Ogni giorno. E tutti gli vanno dietro.

"Al mondo siamo tutti uguali. Ma esiste la professionalità, esiste la competenza. Quello a cui accenni è il principio per cui nascono, per esempio, i No vax. Dato che la conoscenza e la professionalità non contano niente, il professore di Harvard conta come quello che scrive una boiata assoluta su Internet. Non funziona così. La nostra società è basata su un principio: la fiducia. Tu vai in aereo e hai fiducia nel pilota, tu vai dal dottore e hai fiducia nel dottore, tu vai dal tuo elettrauto e hai fiducia in lui. Se il pilastro della fiducia viene meno, la società si annulla, c’è poco da fare".

Forse è un luogo comune parlare di valori oggi. Ma chi li insegna più i valori?

"Intanto i valori per me sono la ragione per cui vale la pena fare qualcosa. Questa generazione ha più difficoltà di quella che ci ha preceduto, cioè la nostra. Noi abbiamo ereditato un mondo dai nostri genitori che era l’apologia del benessere. Oggi i nostri figli rischiano di stare peggio di noi. È un’epoca troppo incerta. Dove serve il sacrificio. E non so se i giovani hanno la capacità di farlo…".

I giardini, i passeggini, le mamme, qualcuno che va sul monopattino, gli skate, le coppiette, le partite infinite sul pratone. Sembra tutto sereno. Ma forse è Bologna anche è serena. Intanto aumenta il passo.

"Ti vuoi muovere o no? Siamo fermi, non vedi?".

Sì, ma vai un po’ più piano però sennò non vale… Senti, ma la gente sbanda, lo vedi che sbanda?

"Sì sbanda, ma io ho girato tutto il mondo e ogni volta torno a casa sempre più orgoglioso nel vedere quello che hanno fatto gli italiani nel mondo e in Italia. Il bene non fa notizia purtroppo. Si comunicano alla gente, quasi sempre, solo i fatti negativi".

Secondo te Bologna è una città che aiuta a vivere meglio?

"Ascolta… il problema, mio e tuo, è che noi siamo innamorati di Bologna. E non siamo credibili quando ne parliamo. Per noi c’è qualcosa di magico. Ma vedo che se ne accorgono anche quelli che vengono da fuori. Io quando diventai presidente della Camera, terminai dicendo che mi affidavo alla Madonna di San Luca. Ci fu un brusio d’aula. Partì subito il dibattito, su questo clericalismo eccetera. Un vecchio segretario del Pd bolognese, quando mi candidai per il centrosinistra, mi ha raccontato che venne messo sotto accusa nella sezione per questa scelta di candidare me, e alla fine, per far tacere tutti disse: “Insomma, Casini alla processione della Madonna di San Luca c’è sempre andato, voi no“. Per dire l’importanza che aveva e che ha questo simbolo".

La leggerezza. Il saper sorridere, l’apparente parlare di niente che diventa creativo… Sei convinto che qui sia un po’ così?

"È una città speciale. E poi, anche se è stata da sempre la città più ideologicamente schierata di tutte, non ha mai trascurato l’accoglienza, l’accoglienza per tutti. Fin dal 1088, da quando nacque l’Università".

Curiosità, ma la politica ti diverte ancora?

(Pausa, sorride) "È una domanda molto bella. E molto difficile. La politica è la mia vita. Un mio amico mi ha chiesto: “Ma tu hai ancora fame?“. Io in quel senso non ho più fame. Credo di non dover dimostrare più niente. Mi sento in pace con me stesso. Sono grato alla vita che mi ha dato questa opportunità. Non ho risentimenti. Ho avuto più di quello che potevo pensare".

La salita dei "leoni", quella dove c’era Reno, il vecchio leone dei Giardini. Il passo adesso è più agevole. Il senatore si adatta.

Ma in politica chi vince?

"Mia figlia Caterina è bravissima, ha 17 anni, sta studiando e vuole fare politica. Le ho detto: in politica è importante sapere, essere bravi, ma la cosa fondamentale è il carattere. È il carattere che vince. E il senso del non mollare mai, di crederci sempre".

E il Bologna calcio?

"Il Bologna è una fede. Il tifoso del Bologna ha una marcia in più. Il carattere gli si è formato soffrendo. Troppo però. Vorrei che il Bologna diventasse l’Atalanta, per dire. Per avere qualche soddisfazione. E smetterla di beccare una doccia fredda e una doccia calda ogni volta. Però ti dico; quando sei allo stadio, che si vince e parte la voce di Lucio che canta, il mondo sembra più bello".

Siamo sicuri che Roma non ti abbia un po’ contagiato?

"No. Assolutamente. Ha contagiato mio figlio che è diventato un aquilotto laziale. Mi ha contagiato solo il camminare a Villa Borghese, che è meraviglioso".

Ti piace Lepore, il sindaco di Bologna?

"All’inizio ti confesso che avevo qualche perplessità. Alla fine del film è un ragazzo in gamba. Mi sembra che si stia muovendo molto bene".

E Zuppi ti piace?

"Io amo Zuppi. Perché prima di tutto è un cristiano. E poi perché è un cardinale…".

Va bene. Se vuoi continuare con un passo più sostenuto io ti saluto.

"Allora ciao".

Aumenta il ritmo e scompare subito dopo, sullo sfondo dello Chalet.