Martedì 16 Aprile 2024

"Sono innocente e dormo sereno" Stasi torna in tv, scoppia la polemica

In cella da 7 anni per aver ucciso la fidanzata Chiara. La mamma di lei: lo vedrò, ma gli atti del processo sono indiscutibili

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di Gabriele Moroni

Garlasco (Pavia)

Compirà trentanove anni ai primi di luglio. Appare un po’ ingrigito. Alberto Stasi ha smesso di essere un uomo libero il 12 dicebre del 2015 quando la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza-bis dell’Appello di Milano che lo condannava a sedici anni di reclusione per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, il 13 agosto del 2007, a Garlasco.

Da allora è detenuto nel carcere di Bollate. È assunto da anni in un call center. Una laurea alla Bocconi, una esperienza giuridica maturata in questi anni fin da quando, all’inizio delle indagini, passava ore con i suoi legali a studiare le strategie di difesa. Mette le sue competenze al servizio di altri detenuti, consigliandoli o aiutandoli a stendere le istanze. Ha scontato un terzo della pena e se il Tribunale di sorveglianza darà il suo placet, potrà essere ammesso al lavoro esterno.

Alberto Stasi parla dal carcere: una lunga intervista nello speciale delle Iene che sarà trasmesso oggi in prima serata su Italia 1. Ribadisce come sempre la sua innocenza. "Quando mi chiedono se ho ucciso io Chiara penso che non sanno di cosa stanno parlando". Va oltre e sottolinea la sua serenità.

"Nell’immaginario comune un innocente in carcere è qualcuno che soffre all’ennesima potenza. Per me non lo è, semplicemente perché la mia coscienza è leggera. Alla sera quando mi corico io non ho nulla da rimproverarmi. Certo, ti senti privato di una parte di vita perché togliere la libertà a una persona innocente è violenza, però non hai nulla da rimproverarti, l’hai subita e basta, non è colpa tua".

Un arresto, con quattro giorni in cella, cancellato dal gip per mancanza di indizi. Assoluzione nei primi due gradi di giudizio. Il ribaltamento davanti alla Suprema Corte. Fino alla condanna definitiva.

"Non c’era desiderio di cercare la verità perché una volta può accadere, la seconda volta può passare, ma non possono esserci una terza, una quarta, una quinta, per sette anni. Che verità c’è in tutto questo? Io sono stato assolto in primo grado, sono stato assolto in appello, sull’unica condanna il procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha chiaramente detto: ‘Non si può condannare Alberto Stasi’, quindi in Italia hanno un sistema che a oggi funziona così; la pubblica accusa dice ‘No, questa persona va assolta’ ma, nonostante questo, la persona viene condannata".

Garlasco vive un pomeriggio immerso nell’afa di questo anticipo d’estate. Dalla villetta di via Pascoli la voce di Rita Preda, la madre di Chiara Poggi, esce dolce come sempre ma stanca. Una stanchezza che viene da lontano e traspare da ognuna delle sue poche parole. "Vedrò la trasmissione. Sentirò".

Le si accenna della sua convinzione, senza cedimenti in tutti questi anni, della responsabilità di Alberto.

"A parte la mia convinzione, sono gli atti che parlano. Ci sono gli atti e sono chiari". È categorico l’avvocato Gian Luigi Tizzoni, legale di parte civile dai lontani inizi della vicenda, amico della famiglia Poggi. "Noto che sistematicamente escono delle presunte novità che contrastano con quanto accertato a più riprese dalla Corte d’appello di Milano, dalla Corte d’appello di Brescia, che per due volte ha respinto l’istanza di revisione, dalla Cassazione per quattro volte. Decisioni che sono venute dopo un attento e accurato lavoro da parte dei magistrati e che vengono sistematicamente ignorate da queste iniziative. Dal 2011 i giudici si sono pronunciati, serenamente e chiaramente, in un’unica direzione: quella della colpevolezza di Alberto Stasi".