di Gabriele Moroni Garlasco (Pavia) Compirà trentanove anni ai primi di luglio. Appare un po’ ingrigito. Alberto Stasi ha smesso di essere un uomo libero il 12 dicebre del 2015 quando la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza-bis dell’Appello di Milano che lo condannava a sedici anni di reclusione per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, il 13 agosto del 2007, a Garlasco. Da allora è detenuto nel carcere di Bollate. È assunto da anni in un call center. Una laurea alla Bocconi, una esperienza giuridica maturata in questi anni fin da quando, all’inizio delle indagini, passava ore con i suoi legali a studiare le strategie di difesa. Mette le sue competenze al servizio di altri detenuti, consigliandoli o aiutandoli a stendere le istanze. Ha scontato un terzo della pena e se il Tribunale di sorveglianza darà il suo placet, potrà essere ammesso al lavoro esterno. Alberto Stasi parla dal carcere: una lunga intervista nello speciale delle Iene che sarà trasmesso oggi in prima serata su Italia 1. Ribadisce come sempre la sua innocenza. "Quando mi chiedono se ho ucciso io Chiara penso che non sanno di cosa stanno parlando". Va oltre e sottolinea la sua serenità. "Nell’immaginario comune un innocente in carcere è qualcuno che soffre all’ennesima potenza. Per me non lo è, semplicemente perché la mia coscienza è leggera. Alla sera quando mi corico io non ho nulla da rimproverarmi. Certo, ti senti privato di una parte di vita perché togliere la libertà a una persona innocente è violenza, però non hai nulla da rimproverarti, l’hai subita e basta, non è colpa tua". Un arresto, con quattro giorni in cella, cancellato dal gip per mancanza di indizi. Assoluzione nei primi due gradi di giudizio. Il ribaltamento davanti alla Suprema Corte. Fino alla condanna definitiva. "Non c’era desiderio di cercare la verità perché una ...
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