Sono inglesi, professionisti del doppio gioco

Giovanni

Serafini

Che le “rane” (i Francesi) non amino i “rostbeef” (gli Inglesi), è cosa risaputa. Per secoli, fin dai tempi di Guglielmo il Conquistatore, i due popoli hanno vissuto in un clima di competizione, razzie e dispetti, non privo a volte di reciproca ammirazione. Certo ci sono ferite che bruciano in eterno. Come dimenticare che gli Inglesi mandarono al rogo Giovanna d’Arco dopo averla torturata e violentata? Che tradirono Napoleone spedendolo a morire nell’isola di Sant’Elena?

Già nel diciassettesimo secolo Bossuet aveva definito l’Inghilterra "la perfida Albione": gli inglesi, questo lo stereotipo ricorrente, sono professionisti del doppio gioco, stanno con gli Stati Uniti ma tengono un piede in Inghilterra, hanno voluto l’Eurotunnel ma hanno chiamato Waterloo – che affronto! – la stazione londinese in cui arrivano i treni di Parigi. Loro sono protestanti, e i francesi cattolici. Preferiscono la birra al vino, mangiano le patate fritte con l’aceto, bevono il the col latte, hanno delle prese elettriche assurde con tre punte, si ostinano a conservare unità di misure incomprensibili (inch, yard, pound, gallon). E poi da loro piove sempre…

Sul piano politico sono rimaste celebri le inimicizie fra alcuni dei rispettivi leader: Chirac ce l’aveva con la Thatcher, che secondo lui "voleva le sue palle su un piatto d’argento". E Sarkozy rifiutò di stringere la mano a Cameron che a sorpresa aveva messo il veto al nuovo trattato europeo.