Mercoledì 24 Aprile 2024

Sono 136 le baraccopoli Degrado, violenza e roghi

La stragrande maggioranza degli insediamenti è lungo il Tevere e l’Aniene. La giunta Raggi ha fatto 145 sgomberi in 5 anni, ma i campi sono sempre rinati

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di Alessandro Farruggia

Non serve scomodare "Brutti sporchi e cattivi", film di Ettore Scola del 1976 con un Nino Manfredi magistrale, per raccontare il fenomeno delle baraccopoli romane. Che sono parte della storia di Roma Capitale: fino alla fine degli anni ’70 popolate di italiani, e da allora quasi totalmente da stranieri, in larga parte Rom. C’erano, ci sono. E la politica non è riuscita a trovare una soluzione, tranne i ricorrenti sgomberi (145 per la giunta di Virginia Raggi) che hanno lasciato il tempo che trovavano.

"Nella Capitale – racconta Carlo Stasolla, presidente dell’associazione 21 agosto, da una dozzina d’anni attiva sul tema delle baraccopoli – ci sono oggi sei insediamenti formali, abitati da 3 mila persone, sostanzialmente rom di etnia italiana o ex jugoslava, e poi ci sono circa 130 insediamenti informali, nel quale vivono circa 1.400 persone. In queste ultime abitano romeni di etnia rom, bosniaci ma anche filippini, peruviani, polacchi e anche una quota di italiani, caduti in povertà". L’insediamento sotto il Ponte di ferro era uno di questi. "La politica dell’amministrazione – osserva Stasolla – è stata quella di smantellare i campi senza proporre alternative: risultato, si chiude un insediamento e dopo poco ne nasce un altro".

Come è capitato alla bidonville di via Romei a Monte Mario, smantellata a marzo, rinata ad agosto di questa’anno. "Va abbandonato l’approccio securitario ed etnico – sostiene Stasolla – e va fatto un piano di inclusione. Un nostro studio dice che costa sette volte meno che gestire un campo stabile e varie esperienze italiane, da Ferrara a Sesto Fiorentino a Palermo ci dicono che funziona. Abbiamo presentato ai candidati sindaco un piano che in 5 anni supererebbe tutte le baraccopoli romane, vediamo se chi vince decide di cambiare approccio. Le sacche di povertà hanno un costo. E nelle baraccopoli ci sono abbandono, violenza, criminalità, degrado, inquinamento".

E incendi. Tanti incendi. Che costano vite degli abitanti delle baraccopoli (quattro fratellini rom nel 2011, tre sorelle Rom nel 2017 ) e causano roghi all’esterno. "Le baraccopoli – spiega Stasolla – sono costruite con materiali precari e molto infiammabili. Si usano candele, fuochi. E ci sono sempre bombole di gas. Una disattenzione ed è il disastro". I roghi infatti sono una costante.

Nel settembre 2013 capitò proprio alla baraccopoli sotto il Ponte di Ferro. E negli anni i roghi sono continuati, per restare agli ultimi 2 anni, nel luglio 2020 è successo nella baraccopoli alla Muratella e poi a settembre in quella di villa Gordiani sulla Tuscolana, e a novembre a Torrevecchia. Nel 2021, il 5 luglio al campo di via di Saone, il 26 luglio in quello di via Salvati al Collatino, il 7 agosto alla baraccopoli del Foro Italico e di quella alla foce dell’Aniene, a Ferragosto all’insediamento lungo la ferrovia Roma-Ostia.

Uno stillicidio sfociato nell’incendio al Ponte di Ferro. Un ponte che risistemare o, peggio, sostituire, costerà milioni di euro. Nessuno può essere sorpreso. È un rogo annunciato.