Soldati ucraini come trofei di guerra Si tratta per scambiarli con l’oligarca

Mariupol, la Russia vuole libero un magnate filo Putin. I militari di Azov costretti a sfilare seminudi

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Prima la sconfitta, poi l’umiliazione. Dopo la battaglia le forche caudine. E l’esibizione al mondo – musica per Mosca – che il cuore del battaglione Azov batte molto a destra. Venerdì sera è uscito dallo stabilimento anche l’ultimo gruppo, di 531 militari, quasi tutti Azov. Tra loro anche il comandante del battaglione, Denis Prokopenko, che è stato portato via in una veicolo blindato. I combattenti dell’acciaieria arresisi ai russi dal 16 maggio sono quindi 2.439.

Le truppe di Mosca con la scusa di perquisire i militari ucraini, li hanno fatti spogliare mostrado la vasta gamma di tatuaggi che alcuni di loro portano: svastiche e soli neri, aquile del Terzo Reich e simboli celtici. Sotto la minaccia delle armi dei soldati di Mosca, i nemici per eccellenza del reggimento Azov hanno sfilato sconfitti e umiliati, ridotti in mutande non solo per evitare che nascondano armi, ma anche per metterli a nudo davanti alle telecamere e brandirli come presunta prova vivente che l’Ucraina è effettivamente da "denazificare".

La dimostrazione sarebbe nei loro stessi corpi, ricoperti di tatuaggi ammiccanti o spesso proprio inneggianti all’eredità di Adolf Hitler. Nelle gallerie di immagini con cui i propagandisti russi hanno invaso i social fanno mostra di sé diversi combattenti, indicati come miliziani del battaglione rimasto asserragliato per quasi tre mesi dentro l’acciaieria. Uno di loro ha il simbolo del sole nero impresso sul gomito, la runa celtica sull’avambraccio e una svastica sul fianco. Ma l’elenco degli emblemi filonazisti attribuiti agli irriducibili di Azov è lungo: dall’aquila nazista impressa sul collo alla croce celtica al centro del petto fino ai ritratti del Fuhrer e alle citazioni estremiste.

Adesso Kiev vorrebbe riavere indietro i suoi uomini. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in un’intervista ai media ucraini, è tornato ad aprire al negoziato con Mosca, spiegando che il conflitto "si può anche vincere sul campo", ma "si concluderà definitivamente con la diplomazia". Ha anche detto che la ripresa dei negoziati con la Russia "dipenderà molto se i russi salveranno la vita dei difensori del Mariupol".

Per ora, ha spiegato, "molto" dipende dai risultati dello scambio di prigionieri che deve coinvolgere i combattenti usciti dall’acciaieria di Azvostal. "Li porteremo a casa. Questo è quello che dobbiamo fare", ha promesso Zelensky. Su questo si sta lavorando. Per i militari delle forze territoriali, dell’esercito, per gli uomini della polizia di frontiera come per gli stessi marines ucraini non dovrebbero esserci troppi problemi. Almeno 8-900 di loro possono essere scambiati con altretanti soldati russi in mano a Kiev, anche se i filorussi del Donbass spingono per un processo davanti a un tribunale di Mosca. Il problema sono soprattutto i militari di Azov.

Ma anche qui s’è aperto uno spiraglio forse inatteso. La Russia, ha detto in una conferenza stampa a Donetsk il negoziatore russo e capo della commissione Affari Esteri della Duma, Leonid Slutsky, citato da Interfax – e prima però di fare cautamente marcia indietro –, "valuterà la possibilità" di uno scambio di priginieri con l’Ucraina tra combattenti di Azov e l’oligarca filorusso Viktor Medvedchuk, catturato il mese scorso in un blitz degli 007 di Kiev.

Alessandro Farruggia