Sms mai arrivati e centri vaccinali deserti Così il modello Lombardia si è sgretolato

A Cremona ieri si sono presentati in 58 per 600 dosi disponibili. Bufera sull’agenzia Aria. La Moratti: "Gestione indecente"

di Andrea Gianni

I tedeschi d’Italia si scoprono fragili. E in crisi. Se di là delle Alpi si interrogano, fra errori e scandali, sull’improvvisa consapevolezza di avere fallito nella gestione dell’ultima fase dell’emergenza, anche la Lombardia, la mecca del turismo sanitario italiano, la terra promessa dell’eccellenza ospedaliera fra libera scelta e sodalizio pubblico-privato, da un anno zoppica e fatica a ritrovarsi nel suo modello di efficacia e organizzazione di cui va tanto orgogliosa. Così, l’ennesimo flop della piattaforma informatica costruita in casa dalla Regione costringe anche la vicepresidente della giunta Letizia Moratti, arrivata per il rilancio dopo l’uscita di scena di Giulio Gallera, a dire che "è inaccettabile". È l’ultimo passo di un anno in trincea, fra condizioni estreme e qualche esitazione di troppo.

L’ultima goccia che fa traboccare il vaso arriva sabato. A Cremona si inceppa il sistema di prenotazione: operatori pronti, ma nessuno in fila. Polemiche e proteste non bastano: il giorno dopo stesso copione, 58 presenti su 600 attesi. E casi simili a Monza e Como. Con l’azienda sanitaria locale che convoca di corsa altri utenti, sindaci che raccolgono gli anziani con il pulmino. Alla fine si riesce a evitare di sprecare le dosi. A Crema invece arrivano tutti insieme, risultato: coda di due ore. Cronache di un’altra giornata di intoppi nella campagna vaccinale, in quello che viene ormai definito come ‘caso Lombardia’. Protagonista, stavolta, Aria Spa, l’Agenzia Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti nata nel 2019 con l’ambizione di diventare una digital company modello. Un castello di speranze che non ha retto alla prova della campagna vaccinale, con il sistema di prenotazioni che continua a creare problemi. Ci sono anziani che per via della confusione dei Cap di residenza vengono spediti per le vaccinazioni a settanta chilometri da casa. E vengono avvisati poche ore prima con il fatidico messaggino.

Ci sono sbagli, come quello capitato la dieci giorni fa a Niguarda, dove si attendevano seicento persone per le punture e per un "errore materiale" ne erano arrivate novecento. E via di polemiche, con gli attacchi di Pd e M5s da all’opposizione, ma anche con il tiro del fuoco amico aperto da Guido Bertolaso che definì una "vergogna" quelle code. "Se qualcosa non funziona, si cambia e si migliora", dice alla fine anche il leader della Lega Matteo Salvini. L’assessore al Welfare Letizia Moratti ha bollato la società, già esautorata con il passaggio al portale di Poste Italiane che dovrebbe concretizzarsi a fine mese, come "incapace di gestire le prenotazioni in modo decente". Ma mentre il sindaco di Crema, Stefania Bonaldi, ricorda all’assessore che il "capo è lei", la lista dei disagi cresce. Fra convocazioni per lo stesso giorno in due posti diversi e sms non ricevuti.

A Brescia, dove con l’accordo dei medici di base si arriva a partire con le vaccinazioni domiciliari scoppia la grana delle prenotazioni. Si sono messi in lista non solo quelli che non possono uscire di casa, ma anche gli invalidi civili, per cui la procedura non è prevista. Risultato? I dottori si inviperiscono: "Per ogni uscita ci vogliono due sanitari, così ci si impiegano dei mesi", ha spiegato Angelo Rossi, referente locale della Federazione italiana dei medici di medicina generale. Se ci sono guai, però, è la rete territoriale a tenere. Come i sindaci dell’hinterland milanese, che hanno portato in macchina gli anziani chiamati a fare il siero Pfizer a Codogno, 70 chilometri più a sud. O come Giuseppe Papa, primo cittadino di San Bassano, nel Cremonese, che è andato a cercare venti ultraottantenni del paese a casa per portarli nell’hub deserto di Cremona.