Smartphone ai ragazzini "Il rendimento peggiora"

Il sociologo Gui approva la stretta: "Regaliamo agli studenti un po’ di socialità"

di Simona Ballatore

"Posso imparare il teorema di Pitagora con un’app. Nell’insegnamento delle lingue straniere l’uso dello smartphone può portare benefici. Ma quando il suo utilizzo non ha obiettivi specifici e durante lo studio gli effetti sono più negativi che positivi". Marco Gui, sociologo dei media, è direttore del centro di ricerca ’Benessere digitale’ dell’università Milano-Bicocca.

Come impatta lo smartphonesullo studio?

"Ha un potere di iperstimolazione e di distrazione molto elevato. E offre continuamente delle alternative più gratificanti nell’immediato, ostacolando il processo di concentrazione e l’utilizzo delle funzioni cognitive complesse".

Teniamolo fuori dall’aula?

"Sono stati fatti esperimenti sul bando del telefono a scuola: il più famoso, in Inghilterra, darebbe ragione alla preside del liceo Malpighi".

Che dice che non è una punizione, ma un regalo ad alunni e prof.

"Frase forte, ma che un fondamento lo ha: il regalo consiste nel dare la possibilità di vivere con pienezza di attenzioni molte situazioni scolastiche, a livello cognitivo e relazionale. C’è un problema di selezione degli stimoli. E più gli alunni sono piccoli e meno hanno la capacità di resistere alle ’tentazioni’ perché hanno meno risorse".

Quando introdurlo a scuola?

"Se c’è un obiettivo specifico. Alle superiori per attività di educazione civica digitale è sensato. Diverso il caso delle medie, età in cui gli smartphone arrivano, sempre prima. Anche se c’è una percentuale crescente di famiglie che preferisce aspettare e si pone il problema della digitalizzazione precoce, un po’ sottovalutato dalle scuole".

I ragazzi con lo smartphone sono più o meno bravi?

"Un report del mio centro di ricerca, ’L’età dello smartphone’, mostra che – anche a parità di istruzione della famiglia – la performance scolastica dei ragazzini che ricevono il telefonino a 9 anni o meno è inferiore rispetto a chi lo riceve dai 12 anni in su. Lo confermano studi internazionali. Altro dato: lo smartphone arriva prima tra le famiglie con minore istruzione, chi è più istruito è diventato più cauto. Mettere un ragazzino a far ricerche su internet significa lasciarlo in un ambiente che non è fatto per lui. Per i più grandi e all’università, dove non si può bandire, va fatta educazione alla gestione dell’attenzione".

Via i telefonini: restituiamo l’intervallo ai ragazzi?

"Il divieto fa paura, ma sono a favore di sperimentazioni di questo genere, cercando di non essere troppo estremisti. Troviamo spazi liberi dalla sovrastimolazione. Non è affatto una battaglia persa".