Smart working per i no Green pass? "Le aziende non hanno l’obbligo"

I privati con meno di 15 dipendenti potranno sostituire temporaneamente i lavoratori senza carta verde

Alcuni manifestanti no pass

Alcuni manifestanti no pass

Non c’è alcuna garanzia per i no pass di poter ottenere lo smart working e continuare a lavorare da casa senza dotarsi della certificazione verde europea anti Covid. Il decreto legge approvato l’altroieri dal Governo non lo menziona, e questo significa che la situazione non cambia. "I lavoratori che oggi fanno lo smart working – osserva Antonello Colombini, segretario confederale della Cisl – possono stare tranquilli: fino alla fine dell’anno, quando terminerà lo stato di emergenza, la situazione non cambierà. Quindi chi oggi fa smart working potrà continuare a farlo anche senza Green pass, naturalmente a patto che lavori da casa e non in uno spazio condiviso con altri lavoratori. Certo è che serve un po’ di chiarezza su cosa accadrà il prossimo anno, servono regole condivise. In questo senso l’ultimo decreto legge non ha cambiato il quadro attuale, ma nei prossimi mesi dovremo oggettivamene porci il problema di normare questa forma di lavoro".

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"Sull’attuazione dell’obbligo di Green pass e l’incrocio con lo smart working vedremo nei prossimi giorni come si regolerà il ministro Brunetta" osserva il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri. "Da gennaio – replica il ministro – le pubbliche amministrazioni potranno fare tutto lo smart working che vogliono se ci sarà un contratto, una piattaforma dedicata, l’organizzazione del lavoro finalizzata al lavoro da remoto e la soddisfazione dei cittadini". Vedremo. Allo stato la normativa è incompleta. "Tranne che per chi ha delle fragilità – osserva Tania Scacchetti, segretaria confederale Cgil – non c’è oggi per il lavoratore un diritto allo smart working: è una possibilità che si concretizza a discrezione dell’azienda. Un no pass non può quindi oggi chiedere di lavorare da casa per evitare di ottenere la certificazione: se l’azienda dà parere favorevole è per una sua concessione. A nostro avviso una normativa chiara deve venire dalla contrattazione". E in questo senso osservano dal ministero del Lavoro, si andrà.

"Lo smart working post pandemia – ha detto il ministro Andrea Orlando – sarà regolato non dalle linee guida ma, prima della scadenza della deroga, il 31 dicembre, da un eventuale intervento normativo o da un accordo quadro tra le parti sociali, soluzione che io auspico". Questo in fordo è auspicato non solo dai sindacati, ma anche dagli imprenditori, che puntano a un mix. "Io non credo che sia possibile tornare a prima – osserva l’ad di Terna, Stefano Donnarumma –. Il mix presenza e smart working va favorito, va aiutato con le giuste metodologie e tecnologie, con le giuste regole".

Intanto da palazzo Chigi arrivano dei chiarimenti sul decreto. Le aziende private con meno di 15 dipendenti potranno sostituire temporaneamente il lavoratore senza Green pass con contratti a termine della durata massima di dieci giorni. Per quanto riguarda il settore pubblico il personale che comunicherà di non avere il Green Pass o che non sarà in grado di esibirlo all’accesso al luogo di lavoro, sarà considerato assente ingiustificato fino alla presentazione della Certificazione Verde; dopo cinque giorni di assenza, il rapporto di lavoro sarà sospeso, ma la retribuzione non sarà dovuta dal primo giorno di assenza. Una norma che avvicina il pubblico al privato, dove la sospensione è immediata e così la sospensione della retribuzione.

Ma c’è anche chi ha perplessità. Critiche arrivano da Confcommercio, che parla di norma oscura e di difficile applicazione. "Perché – chiede Guido Lazzarelli dell’associazione – la sospensione del lavoratore scatta solo al quinto giorno? Perché la sostituzione a termine dura solo 10 giorni e che succede se all’undicesimo giorno decido una proroga di un contratto a termine? Auspichiamo che arrivino in tempi brevi i necessari chiarimenti interpretativi".