Giovedì 18 Aprile 2024

Slitta l’incriminazione Trump cerca l’arresto-show "Ora voglio le manette"

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di Giampaolo Pioli

Donald Trump non è stato arrestato martedì come lui aveva annunciato e nemmeno ieri perché il Grand jury non si è riunito. L’ex presidente è in Florida a piede libero e addirittura un poco più ricco. Dopo la chiamata al suo popolo a scendere per le strade di Manhattan per difenderlo dall’ingiustizia del sistema, e anche questo non si è verificato, il comitato organizzatore della sua campagna elettorale ha però annunciato di aver già raccolto 1,5 milioni di dollari in donazioni nel fine settimana per riportarlo alla Casa Bianca nel 2024.

L’ex presidente con la sua ultima bugia attraverso l’annuncio del falso arresto ha voluto misurare quasi certamente la sua tenuta nei media americani che continua a considerare nemici, e nei social dove è stato riammesso, ma soprattutto la tenuta del suo popolo e la risposta nelle strade e nel portafoglio dei suoi finanziatori. In entrambi i casi la risposta è stata modesta. Per il momento. Quattro dimostranti a Manhattan davanti al Palazzo di Giustizia mentre i giornalisti erano centinaia. E ancora meno a Mar a Lago o davanti alla Trump Tower sulla Fifith Avenue dove l’ex presidente mantiene il suo lussuoso appartamento su tre piani. Quello che però è mancato a Trump in questa prova generale, soprattutto mediatica, è stato l’appoggio economico che nel 2016 e nel 2020 i miliardari repubblicani gli avevano dato. Alcuni di loro hanno già anticipato che finazieranno tutti gli altri ma non lui.

Il tycoon in questo momento ha il controllo del partito repubblicano, anche se si sta staccando qualche pezzo, ma soprattutto pilota la Camera in mano al presidente McCarty che ha annunciato di voler addirittura investigare il procuratore di New York Alvin Bragg. La battaglia legale sta superando le schermaglie politiche tra i vari candidati repubblicani distanti da lui nei sondaggi. Trump però sta entrando in una nuova realtà: affrontare la campagna elettorale da indiziato. Non sarà facile. Soprattutto perché se a New York l’ex presidente riuscisse a spuntarla le prove contro di lui in Georgia per istigazione alla frode elettorale e a Washington per l’istigazione all’assalto al Congresso appaiono schiaccianti. Per adesso la sua strategia pare questa: ieri ha fatto sapere che se fosse arrestato "vorrebbe le manette". Per trasformare la vicenda in uno show e costruire la riscossa.

I tempi dei processi a suo carico, soprattutto se multipli, rimangono però incerti così come l’estradizione dalla Florida a New York nel caso l’ex presidente ricevesse il mandato a comparire e l’incriminazione direttamente a Mar a Lago. E se si rendesse necessaria l’estradizione per prendergli le impronte digitali nel tribunale di New York a concederla dovrebbe essere il governatore della Florida Ron DeSantis il suo più temibile sfidante per la nomination repubblicana verso la Casa Bianca.