Martedì 23 Aprile 2024

"Situazione difficile ma non siamo al collasso" Arcuri: due settimane per evitare il lockdown

Per il commissario straordinario i numeri sono diversi da quelli di marzo. "Oggi il 94% dei positivi si cura a casa e le terapie intensive sono al 22%"

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di Alessandro Farruggia

Due settimane per provare a evitare l’inferno del lockdown. "Tra due settimane – avverte il coordinatore del Comitato tecnico scientifico (Cts) Agostino Miozzo – sapremo se le misure funzionano o saremo costretti a restrizioni ulteriori, se si deve passare ad un intervento più radicale come quello che abbiamo già dolorosamente sperimentato a marzo e aprile. Se guardiamo anche ai Paesi accanto a noi, un lockdown generalizzato, parziale o localizzato è purtroppo non solo una ipotesi teorica ampiamente prevista, ma una ipotesi realistica". E che ci siano grossomodo due settimane di tempo per "raffreddare la curva" ed evitare interventi più incisivi è convinto anche il commisario straordinario Domenico Arcuri.

Peraltro, alcuni addetti ai lavori il lock down l’avrebbero già voluto da tempo. "Avrei fatto il lockdown a Milano 10 giorni fa" rincara la dose il virologo padovano Andrea Crisanti. "L’altro ieri il Fondo Monetario Internazionale, non gli epidemiologi, ha detto che i capi di stato e di governo decisioni sul lockdown tanto prima le prendono e tanto meglio è per l’economia l’epidemia va prevenuta e non seguita, invece non si è capita la gravità della situazione" ribadisce un rigorista come Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute. Ma la politica sa bene l’impatto del lockdown sull’economia e, Conte in testa, frena. Ieri Salvini ha sorpreso tutti dicendo a Radio 1: "Se c’e’ la necessità di chiudere è giusto farlo, la vita prima di tutto". Sarebbe stata una svolta, ma Salvini si è subito corretto in una diretta Facebook nella quale è ritornato sulla linea nota: "La chiusura totale sarebe un disastro, bisogna evitarla ad ogni costo". Quello che al momento appare probabile è che si vada verso lockdown locali, accompagnati a misure anti affollamento del trasporto pubblico locale. "L’epidemia è fuori controllo, senza immediate chiusure locali, servirà un mese di lockdown nazionale" afferma la Fondazione Gimbe. "Coi numeri attuali – osserva il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri – non vedo un lockdown nazionale, ma lockdown chirurgici sono necessari in alcune aree".

Ieri il ministro Speranza ha risposto alla lettera dei sindaci di Milano e Napoli promettendo "a breve un focus specifico sulle città di Milano e Napoli". "A oggi sul mio tavolo non ho un progetto di un vero lockdown – ha detto il sindaco di Milano Giuseppe Sala – ma se sarà necessario lo faremo senz’altro". L’Alto Adige da parte sua ha abbandonato la linea morbida e ha fermato i bar e deciso che ristoranti e negozi dovranno chiudere alle 18 e dalle 22 alle 5 scatterà il coprifuoco.

L’onda incombe e il sistema sanitario è sotto forte pressione, ma un suo collasso non è imminente: perchè ci si arrivi ai ritmi attuali c’è un mese di tempo. "Viviamo una situazione drammatica – ha detto il commissario all’emergenza Covid 19 Domenico Arcuri – ma i numeri non sono paragonabili a quelli dell’inizio dell’epidemia, rispetto a marzo è un altro mondo. Il 21 marzo il 52% dei positivi si cura a casa, ieri il 94%. Quello stesso giorno il 41% dei positivi si trovava in ospedale, ieri solo il 5%, il 7% invece era in terapia intensiva, ieri appena lo 0,6%". Per ora non siamo di fronte ad una "entropia delle terapie intensive". "All’inizio dell’emergenza – ha ricordato Arcuri – i posti letto in terapia intensiva erano 5.179: da allora ho inviato alle Regioni 3.303 ventilatori, cui da domani se ne aggiungeranno altri 1.849. Complessivamente i posti letto in terapia intensiva già attivati o attivabili in pochi giorni sono 10.337, poco meno dei 10.700 che avrebbero dovuto essere pronti alla fine dell’operazione di rafforzamento degli ospedali Covid. Oggi la percentuale dei pazienti in terapia intensiva rispetto ai posti letto attivati è pari al 22% che scende al 18% attivando tutte le postazioni. Al momento quindi non c’e’ un problema di affollamento delle terapie intensive ma un problema di affollamento degli ospedali". Il tempo stringe."Se la curva non si raffredda – ha proseguito Arcuri – con questi numeri nessun sistema sanitario sarebbe capace di reggere. Per raffreddare la curva è necessario muoversi il meno possibile: le misure adottate dal governo nell’ultimo Dpcm erano solo la minima combinazione di azioni possibili".