Giovedì 18 Aprile 2024

Sistema in crisi E il conto lo paghiamo noi

Antonio

Troise

Hanno reso più piccolo il mondo, avvicinato mete che sembravano irraggiungibili, trasformato città più o meno periferiche in centri internazionali, reso globali imprese localizzate ai margini del mondo degli affari. Per non parlare degli effetti sul turismo, sul nostro modo di lavorare e di studiare. Da quando sono sbarcate in Italia, quasi 25 anni fa, per effetti delle prime liberalizzazioni del trasporto aereo, le compagnie low cost hanno segnato una vera e propria rivoluzione. Prima che arrivasse Ryanair, da esempio, lo scalo di Orio al Serio era poco più di una pista semi-abbandonata ai margini della Milano-Venezia. Oggi è il terzo scalo italiano. Ma è successo più o meno lo stesso a Bologna, a Treviso, a Bari, fino a Comiso. Ovunque le low cost hanno letteralmente cambiato il destino di intere aree del Paese. Una ricerca condotta da Kpgm ha dimostrato che per ogni euro speso per attrarre una compagnia a "basso costo" i benefici sul Pil si moltiplicano per 70. Ma non è solo un discorso economico. Ci sono state intere generazioni che hanno potuto studiare all’estero, trovare un posto di lavoro o semplicemente viaggiare grazie a questa straordinaria "democratizzazione" del trasporto aereo che ha trasformato un bene una volta di lusso e poco accessibile in un servizio davvero alla portata di tutti. Certo, non è tutt’oro quello che luce. La guerra dei prezzi e la liberalizzazione sfrenata hanno messo in ginocchio compagnie blasonate e bruciato decine di migliaia di posti di lavoro. Per non parlare del Covid che, durante la lunga stagione dei lockdown, ha spinto le low cost a licenziare per poi trovarsi a corto di personale per effetto della inaspettata (nelle dimensioni) ripartenza post-pandemia. Forse una riflessione sugli attuali assetti del sistema del trasporto aereo andrebbe sicuramente fatta. Ma tornare indietro non si può.