Mercoledì 24 Aprile 2024

"Sintesi tra il Cav e Salvini Così la destra può vincere"

Il politologo Alessandro Campi spiega che cosa cambia con Fd’I al primo posto "Ma stare troppo all’opposizione può diventare una comoda abitudine"

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di Antonella Coppari

L’uragano Katrina sconvolse New Orleans. Almeno stando ai sondaggi, molti profetizzano che, a sconvolgere il quadro politico italiano, possa essere l’uragano Giorgia. Alessandro Campi, studioso della destra e docente di Scienza politica all’Università di Perugia, è netto: "Esiste una rendita di opposizione, specie quando al governo c’è un’ammucchiata politica come quella che sorregge Draghi. Il pericolo è che stare troppo all’opposizione possa diventare una comoda abitudine".

Sempre che i sondaggi siano reali: per alcuni sono sovrastimati in funzione anti-Salvini.

"I voti virtuali, finché non si traducono in consensi nelle urne, indicano solo una linea di tendenza, non una forza reale. L’ascesa della Meloni è tuttavia costante da mesi e, dunque, non dipende da una sovrastima operata, ad arte o in modo ingenuo, dai sondaggisti. Detto questo, la Meloni ha abbastanza mestiere per capire che, quelli che sulla stampa di sinistra fanno il tifo per lei nella corsa contro Salvini, vogliono solo seminare zizzania nel centrodestra".

Ma cosa cambierà per il centrodestra se Fd’I risulterà il primo partito alle politiche?

"La Meloni, leader dei conservatori europei, è mediana tra il popolarismo berlusconiano e il nazional-populismo salviniano. Paradossalmente potrebbe funzionare come sintesi tra le componenti del centrodestra. Salvini l’ha capito e questo spiega la sua corsa verso l’area moderata e la sua proposta di una federazione con Forza Italia".

E per il nostro Paese?

"Chiunque vincerà le prossime elezioni, destra o sinistra, non cambierà nulla. Sino al 2026, la traccia è stata segnata dall’Europa col programma Next generation Eu. Draghi sta impostando i programmi di investimento e la governance. Chi verrà dopo di lui, potrà solo finire il lavoro".

Quanto pesa il fatto che Giorgia Meloni sia una donna?

"Moltissimo. Soprattutto in un Paese che si riempie la bocca di parità di genere e pratica il maschilismo. Ogni riferimento polemico al Pd è voluto. La Meloni è la divertente nemesi del femminismo italico: il potere politico alle donne, peccato che siano spesso di destra: Giorgia, Carfagna, Gelmini. L’unico presidente di Regione donna è l’umbra Donatella Tesei: leghista".

Molti accusano la leader di Fd’I di non aver una classe dirigente: puntare su un civico a Roma, è la prova che la critica è fondata?

"Il problema di come selezionare gruppi dirigenti all’altezza esiste e riguarda tutti i partiti. Fd’I ha una sua classe politica un po’ meglio attrezzata, in larga parte formatasi nei movimenti giovanili della destra. I governatori di Abruzzo (Marsilio) e Marche (Acquaroli) vengono da quell’esperienza. Quanto a Roma ho una mia teoria: il governo della città-simbolo della destra è una grana che la Meloni, in questo momento storico in grande crescita, non vuole dopo la traumatica esperienza di Alemanno. Da qui la scelta di un civico".

Non c’è una contraddizione in un’alleanza divisa tra maggioranza e opposizione?

"Più che una contraddizione si sta rivelando una divisione del lavoro perfetta. Quel che perde la Lega lo guadagna Fd’I, dunque il centrodestra, mentre la sinistra resta a bocca asciutta. Diciamo anche che l’investimento della Lega governista è a lungo termine. Se arriveranno, soprattutto agli imprenditori del Nord, i soldi dall’Europa che questi si aspettano i consensi che Salvini ha perso potrebbero tornare".

Secondo lei, se il centrodestra vince con Fd’I primo partito Giorgia Meloni sarà premier?

"La regola di una coalizione è che la leadership spetta al capo del partito più votato. E dunque… Ma ricordiamo che si può comandare anche senza governare direttamente".