Silvio si schieri E il governo può partire

Bruno

Vespa

Silvio Berlusconi ha pronunciato lo stesso giudizio su Putin, Zelevsky e la guerra in Ucraina a ‘Porta a porta’ il 22 settembre, a tre giorni dalle elezioni e il 18 ottobre all’assemblea dei deputati di Forza Italia. Qui ha aggiunto di essere il primo dei cinque amici di Putin. Gli si mancherebbe di rispetto sostenendo che dice cose che non pensa, soprattutto se le ha ripetute a un mese di distanza. E allora perché pensa queste cose? Berlusconi crede profondamente nel valore dell’amicizia, anche quando l’amico è in disgrazia. Lo dimostrò nel 2011 con Gheddafi e sbagliarono Francia, Stati Uniti e Giorgio Napolitano nel trascinarlo in una guerra sbagliata. Stavolta è diverso. Putin ha invaso un paese sovrano e la teoria che avrebbe voluto sostituire a suon di missili il governo Zelensky con uno di ‘persone per bene’ è semplicemente grottesca. Putin gli sarà profondamente grato, ma il governo che – salvo imprevisti – domenica mattina potrebbe giurare al Quirinale nasce con un’ombra di cui avremmo fatto volentieri a meno. La fede atlantica di Berlusconi è rimasta immutabile dalla sua discesa in campo, affiancata lodevolmente dal tentativo (2002, Pratica di mare) di completare il disgelo Est-Ovest con il patto tra Bush jr. e lo stesso Putin da poco asceso al potere.

Ma questo è il momento delle scelte. O di qua o di là. I negoziati sono auspicabili, ma deve essere chiara la collocazione di ciascuno sul campo di gioco. Oggi vedremo come andranno le consultazioni al Quirinale. Giorgia Meloni ribadirà al capo dello Stato la sua fermissima scelta di campo in favore dell’Ucraina. Se Berlusconi si assocerà senza se e senza ma, l’incidente di questi giorni resterà un oscuro mistero. È la cosa largamente più probabile e Antonio Tajani, forte della benedizione del Partito popolare europeo incassata ieri a Bruxelles, sarà un leale ministro degli Esteri. I sospetti resteranno, ma il governo potrà partire in acque tranquille.