Silvia Romano, applausi dei vicini e insulti sul web. Ora si valuta la protezione

Polemiche per la conversione all’Islam. La frase rivolta alla folla dei giornalisti: "Vi chiedo rispetto" Giallo su una foto della cooperante che indossa un giubotto antiproiettile con il logo della Turchia

La cooperante Silvia-Aisha Romano si dirige verso casa a Milano (Ansa)

La cooperante Silvia-Aisha Romano si dirige verso casa a Milano (Ansa)

Roma, 12 maggio 2020 - L'odissea è finita, ma i misteri sul sequestro di Silvia Romano dureranno a lungo. La cooperante rapita in Kenya è finalmente giunta a casa, a Milano, accolta da decine persone e una folla di giornalisti. La ragazza era protetta da sei auto delle forze dell’ordine, che cercavano di tenere sotto controllo la calca, ma anche eventuali gesti di contestazione, dato che sul web la Romano è oggetto di minacce e insulti per la sua conversione all’Islam e il pagamento di un riscatto, che avrebbero portato a valutare una tutela fissa o mobile. Ma la prefettura di Milano ha poi chiarito che la protezione per ora non esiste. Ma le polemiche sulla conversione da Silvia ad Aisha restano eccome. Arrivando a Milano, Silvia ha chiesto ai cronisti "rispetto" e non ha voluto commentare l’eventualità che non appena possibile voglia rientrare in Africa.

Per adesso i magistrati prendono atto della sua versione che verrà confrontata con il materiale raccolto in questo anno e mezzo. Molto calda è la pista che porta al villaggio di Chakama, nel quale gli inquirenti sono convinti che Silvia sia stata tradita da una donna che abitava poco lontano da lei. La identificano in Elima Abdi, moglie di Said Adan Abdi, uno dei suoi sequestratori. Sarebbe stata Elima a riferire al marito che c’era una ragazza bianca che lavorava da sola nel villaggio ed era un obiettivo facile. Il secondo filone riguarda l’identificazione dei rapitori, sui quali il racconto di Silvia non ha aiutato, così come non ha aiutato il fatto che lei abbia lasciato in Somalia il diario scritto in questo anno e mezzo. Sul riscatto – da 1 a 4 milioni di dollari a seconda delle fonti – si parlerà al Copasir. Ma il governo intende negare, e se del caso opporre il segreto di Stato. Del tutto da chiarire è poi la liberazione. Gli italiani hanno ammesso la cooperazione dei servizi turchi e somali, ma ieri Ankara ha commesso quella che palazzo Chigi si definisce "una scorrettezza" perché ha diffuso l’immagine di Silvia libera con addosso un giubbotto antiproiettile con evidente logo turco e una ricostruzione che vede il Mit turco chiamato in causa a dicembre e impegnato a risolvere il sequestro per poi consegnare agli italiani la ragazza.

La ricostruzione ha mandato su tutte le furie gli 007 italiani. "Il giubbetto antiproiettile indossato da Silvia Romano – hanno fatto sapere fonti dei servizi – è una dotazione rigorosamente italiana, senza alcun simbolo ed è stato fornito nell’immediatezza della liberazione dagli 007 italiani che l’hanno recuperata: non è quindi da escludersi che quella foto sia un fake". Un fake volutamente grossolano ma che sarebbe un modo per ribadire che comunque sarà chiesto un prezzo per la collaborazione fornita: ad esempio il congelamento delle concessioni petrolifere dell’Eni nelle acque di Cipro, rivendicate dei turchi.