Siccità, è guerra dell'acqua. La risaia d'Italia a secco. "In pericolo metà del raccolto"

Nel Pavese la disperazione degli agricoltori: "Effetti devastanti per interi settori alimentari". E spuntano i lucchetti alle paratie per evitare che le scarse risorse idriche vengano rubate

Pavia, 6 luglio 2022 - Il mare a quadretti caratteristico delle province risicole, quest’anno non c’è. La siccità ha cambiato anche il panorama oltre all’ecosistema della Pianura padana. Non piove in modo consistente da dicembre, è mancata la neve e anche il cielo grigio di lunedì ha portato tanto vento e soltanto poche gocce in zone limitate del territorio. Così una parte della Lombardia è a secco e un’altra è costretta a prelevare l’acqua dal Po, con le idrovore. Per fronteggiare una situazione che non si vedeva da 70 anni, fino a fine dicembre la Lombardia è in stato di emergenza. Da Roma arriveranno 9 milioni di euro. "Il problema della mancanza d’acqua potabile – ha detto in Consiglio regionale il presidente Attilio Fontana – ha conseguenze soprattutto nella fascia pedemontana e montana, circa 285 comuni con 37mila abitanti, concentrata spesso in piccoli centri o frazioni. Siamo orgogliosi d’aver posto l’accento su questa tematica e di essere stati ascoltati dal Governo, con uno stanziamento importante". Salva i rubinetti il problema si sposta all’aperto.

Nei campi è scattata una vera guerra dell’acqua. Se la riduzioni delle forniture sfiora il 90 per cento, c’è chi cerca di andarsi a prendere la risorsa che non c’è a tutti i costi. La tentazione di manomettere una chiusa e salvare il raccolto è forte. Per evitare che l’acqua venga rubata, alcuni agricoltori lomellini hanno messo i lucchetti alle paratie dei canali. "Normalmente il riso è sommerso – ammette Stefano Greppi, risicoltore di Rosasco e presidente di Coldiretti Pavia –, adesso viene bagnato perché l’acqua non è sufficiente per l’allagamento. E non possiamo pensare a una coltivazione in asciutta. Alcune varietà come il Carnaroli, che viene usata per preparare i risotti, hanno bisogno dell’acqua per sbocciare. Rischiamo di perdere il 50 per cento del raccolto".

Metà del milione e mezzo di tonnellate di riso italiano nasce fra qui e il Piemonte. E non è l’unico propblema. Nei campi il mais che è già alto viene: per salvare il possibile si trincia prima del tempo. La campagna cambia. Nel panorama, ma anche nei suoni. Con i canali asciutti le rane hanno perso la loro ’casa’ e anche le tartarughe dalle orecchie rosse che si trovano nel laghetto del parco della Vernavola di Pavia non se la passano bene . Al posto della superficie dello stagno c’è il fango dove gli animali rischiano di soffocare. "Anche la nostra fauna ittica è a rischio – ha aggiunto Andrea Ferre, pescatore di Balossa Bigli in Lomellina –. Le lanche sono sparite e la pesca è ferma in attesa che la pioggia ritorni".

I ricordi di chi vive i fiumi tornano al 1994, ma allora la siccità era arrivata prima, ora le piogge non sembrano vicine. Di conseguenza le barche sono ferme negli imbarcaderi. "È impossibile uscire dalla nostra macchia d’acqua perché non è rimasta che fanghiglia – ha sottolineato Claudio Bompan dell’imbarcadero Acquadolce di Mezzana Bigli –. Anche alcune discese sportive in canoa sono state bloccate dalla secca". "L’acqua è vita – sottolinea Guglielmo Belletti, presidente del Consorzio di bonifica Navarolo dell’agro cremonese mantovano –. Ho seminato 11mila ettari, acquistando sementi che costano il doppio e ora, se non posso irrigare i campi, non si raccoglie. E si interrompe la catena alimentare. Noi produciamo mais per i suini: se non lo abbiamo, niente carne. Gli effetti di questa crisi si vedranno nei negozi". I conti sono drammatici: in Lombardia si coltiva metà del mais italiano: 5,5 milioni di tonnellate che servono fra l’altro a sfamare i bovini che producono il 45% del latte italiano.

Per cercare di risolvere la situazione, nei giorni scorsi il consorzio ha noleggiato un’idrovora da Treviso e ha prelevato l’acqua dal Po, il 90 percento di quella che le bocche dei canali, troppo alte, non pescano più. "Cerchiamo di salvare il salvabile – prosegue Belletti –, ma non bisogna rincorrere l’emergenza. La Lombardia è la regione più ricca d’acqua e non la trattiene. Occorre una bacinizzazione: più invasi nei laghi alpini. Se fossimo intervenuti prima, ora non ci troveremmo in questa situazione".