Siamo schiavi delle app E io le odio

Massimo

Cutò

Odio le app con tutto il mio cuore. Mi riportano agli incubi della scuola elementare, davanti al compito di matematica: qualcosa al di sopra delle mie possibilità. Con le app è molto peggio. Non ci apparteniamo. Mi rendono nervoso, mi destabilizzano. Un’invenzione dannosa e soprattutto inutile. Il cashback natalizio mi è costato una crisi di nervi. E sì che ero andato alle Poste per compilare il modulo Spid, indispensabile a scaricare sul cellulare _ non ho il documento d’identità elettronico _ la famigerata applicazione Io. Un naufrago nel mare incognito: clicca qui, premi lì. Un gioco dell’oca per iniziati che emargina i nati sotto il segno della carta.

Dice: sei un vecchio stupido. Ma l’Italia è un Paese ad altissimo coefficiente di popolazione anziana, che si appella a figli e nipoti per uscire dal labirinto digitale. Sentendosi rispondere: arrangiati. Ho quasi litigato con un’amica che voleva aiutarmi: neppure lei, che pure ci sa fare, si raccapezzava nei meandri della app (impreparata a esaudire le troppe richieste). Trovato il grimaldello, altri problemi. Il sistema ha azzerato la password pretendendo l’impronta digitale, manco fossi un delinquente. Il vicino di casa mi definisce paleolitico: smanetti sui tasti a casaccio, la colpa è tua, la macchina non sbaglia. Mi sono messo d’impegno a scaricare la app per la Lotteria degli scontrini. Ce l’ho fatta da solo. Impresa inutile: la riffa è slittata a data da destinarsi. Il danno e la beffa.