Davide Rondoni Come ferocemente il mare ruba la vita. Quel mare che tutti cercano in queste settimane. Come un ladro ha rubato la vita di un padre e per ore disperso un suo piccolo (poi ritrovato deceduto) e messo in pericolo l’altro. Quel padre voleva forse solo divertirsi con le onde di un mare mosso. Un’occhiata alla bandiera rossa forse l’ha data. Ma vicino a Fano, mica sulle rive dell’Oceano, che onde vuoi che ci si siano. E invece chissà. Le onde sono state più forti della cosa più forte del mondo, l’amore tra un padre e i suoi figli. Non sappiamo cosa è successo. Malori ? Leggerezze? Chi ha provato a salvare chi ? Il padre il figlio, il figlio il padre ? Sappiamo solo che ci pare assurdo. Sappiamo che tutto l’amore di un padre non può mettere al riparo i suoi figli dal destino. E viceversa. Sappiamo che amare ha dentro questa specie di naufragio: per quanto bene vuoi a una persona, il suo bene non dipende del tutto da te. Il mare ci ricorda, anche nelle zone più addomesticate, la sua potenza. Metafora della potenza del destino. In quelle onde strane vicino a Fano si è consumato il dramma più alto: pur con tutta la tua volontà non puoi aggiungere un secondo, un minuto, un giorno in più al limite fissato dal destino alla tua vita e alla vita di chi ami. Mentre la filosofia di vita dell’occidente e la società detta dei consumi puntano tutto sulla forza di volontà, ecco che i poeti, invece, da Leopardi a Baudelaire a Ibsen sottolineano un’altra dimensione: il senso di sproporzione tra il nostro essere e il mistero dell’esistenza. E rispetto alla goffa e spesso grottesca immagine di un essere umano che si sente invincibile padrone del mondo, mettono in risalto una figura che sta, dice Leopardi, come un mendicante, un’umile figura fragile, dignitosa non per frutto di volontà ma per natura di creatura, avvolta in un destino misterioso. A cui ora gridare, e chiedere.