Giovedì 18 Aprile 2024

Si sfila anche Erdogan Un assist agli Stati Uniti

Migration

La Turchia è il Paese che ha assunto la posizione solo apparentemente più sorprendente sul referendum indetto da Mosca, annunciando che non accetterà l’esito della consultazione. In realtà ci sono diversi motivi che hanno portato Ankara a scegliere questo approccio. In primo luogo, appoggiare le istanze separatiste dei territori del Donbass esporrebbe la Mezzaluna a nuove rivendicazioni da parte della minoranza curda che, pur messa a tacere, con la maggior parte dei suoi dirigenti politici in carcere, continua a coltivare sogni di autonomia amministrativa nel sud-est della Turchia, se non addirittura di piena autonomia da Ankara. Vi è poi da considerare la situazione internazionale.

Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, fino a questo momento, è riuscito a mantenere, sempre più a fatica, una equidistanza fra le due parti, con la speranza di poter condurre, dopo quella sul grano, anche la mediazione sulla fine del conflitto. La decisione di Vladimir Putin di indire il referendum e annunciare la mobilitazione parziale ha costretto Ankara a prendere una parte. Soner Cagaptay, analista del Washington Institute e grande esperto di politica turca, ritiene che questa posizione da parte di Erdogan sia stata scelta per mandare un segnale positivo agli Stati Uniti e uscire dall’isolamento a cui lo stretto legame con Mosca stava costringendo la Mezzaluna.

L’obiettivo, sul medio termine, è quello di rientrare nel programma dei caccia da guerra di ultima generazione F-35, da cui la Turchia, secondo esercito numerico della Nato, era stata espulsa proprio per aver acquistato il sistema missilistico S-400 da Mosca.