Martedì 23 Aprile 2024

Sì di Draghi: fuori Mosca dallo Swift Ecco cosa succederà (anche in Italia)

La nota congiunta di Ue-Usa che conferma l’esclusione degli istituti russi dalle transazioni internazionali. Ma è un’arma a doppio taglio: se non potessimo pagare le forniture energetiche, resteremmo al buio

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di Elena

Comelli

Il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, l’ha definita "l’arma atomica finanziaria". Escludere Mosca dallo Swift (Society for worldwide interbank financial telecommunication), infatti, equivale a staccare la spina delle banche russe dal sistema di comunicazione finanziaria internazionale basato in Belgio. Ma i dubbi dei ministri europei non mancano: i contraccolpi immediati li soffrirebbe innanzitutto il Vecchio continente.

CHE COS’È LO SWIFT?

Lo Swift non è, come si crede comunemente, un sistema di pagamento, ma un sistema di messaggistica fra banche, garantito dalla fiducia reciproca e dagli standard comuni degli 11.500 istituti di credito consorziati in oltre 200 Paesi. Le transazioni internazionali restano possibili anche senza lo Swift, ma diventano più lente e più complicate.

QUALI CONSEGUENZE

IN RUSSIA?

La Russia si sta già preparando a restarne tagliata fuori fin dal 2014, quando, in occasione dell’invasione della Crimea, l’Europa minacciò di staccare la spina. Allora Mosca stimò che il provvedimento avrebbe comportato un taglio del Pil del 5%, spiega uno studio dell’Ispi firmato da Luca Fantacci e Lucio Gobbi. Ora la situazione è diversa, perché la banca centrale russa ha sviluppato un proprio sistema di pagamento, Mir, che intermedia il 25% di tutte le transazioni nazionali, e l’Spfs per i pagamenti internazionali, a cui aderiscono oltre 400 intermediari, tra cui Unicredit e Deutsche Bank. Nel caso in cui fossero disconnesse da Swift, inoltre, le banche russe potrebbero appoggiarsi al sistema cinese Cips, gestito dalla People’s Bank of China, che ha utenti in oltre cento Paesi. Al di là dello strumento utilizzato, però, colpire le banche russe è una delle sanzioni più efficaci per fare pagare un prezzo elevato a chi ha dichiarato la guerra in Europa.

QUALI CONSEGUENZE

PER L’EUROPA?

Il problema fondamentale che si stanno ponendo gli esperti della Bce, prima di scatenare l’"arma atomica", è quanto danno questa mossa farebbe ai russi (e a quali russi) e quanto agli europei. Le sanzioni Usa hanno escluso la prima e la seconda banca russa dai mercati finanziari americani, ma non la terza, Gazprombank, da cui passano le transazioni per gas e petrolio, per non renderne complicato l’export: tagliare Swift sarebbe un ostacolo ai pagamenti in dollari.

QUALI CONSEGUENZE

PER L’ITALIA?

Roma teme che, se pagare le forniture di gas a Mosca diventasse difficile, il Cremlino potrebbe ridurre o addirittura cessare le forniture. Nello scenario peggiore, l’Italia potrebbe trovarsi in una situazione in cui si stacca la corrente a questo o a quel settore industriale in certi giorni della settimana perché non ci sarebbe energia per tutti. Diventerebbe poi molto più complicato pagare anche il petrolio, i fertilizzanti e i prodotti agricoli, di cui il nostro Paese non può fare a meno. Le banche italiane, poi, hanno circa 25 miliardi di esposizione verso al Russia (prestiti e finanziamenti), a cui si aggiungono 6 miliardi di garanzie.

CI SONO ALTERNATIVE?

Escludere l’accesso al dollaro a chi fa transazioni con le banche russe avrebbe un effetto devastante. Solo il 15% delle esportazioni della Russia, infatti, è in rubli mentre il 55% è regolato in dollari e il 30% in altre valute pregiate come l’euro, evidenzia Jp Morgan. Impedire l’uso del dollaro quindi colpirebbe Mosca seriamente, ma per le imprese che vendono in Russia significherebbe non poter ricevere i pagamenti. E l’Italia è il terzo esportatore, per circa 8 miliardi. Già oggi la grande finanza internazionale sa che effettuare operazioni in dollari a nome di clienti russi sulla piazza di Londra (dove passano 2.700 miliardi di dollari al giorno) è ad alto rischio. La finanza russa è in un angolo: pericoloso toccarla.