Martedì 23 Aprile 2024

Si chiude il congresso Cgil Landini rimette i paletti: "Molte distanze da Meloni Siamo pronti allo sciopero"

Il leader confermato segretario con una percentuale "bulgara": oltre il 94 per cento "Ringraziamo la premier di essere venuta, ma nei contenuti non ha discusso con noi"

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Forte di una rielezione con oltre il 94 per cento dei voti congressuali, Maurizio Landini si rimette la felpa rossa di lotta e torna a sfidare Giorgia Meloni sulla riforma fiscale. E non solo. Anzi, il giorno dopo l’intervento storico della premier della destra all’assise del sindacato della sinistra, il leader di corso d’Italia ringrazia la presidente del Consiglio e, un secondo dopo, però, evoca e annuncia di fatto, anche lui "senza paura", lo sciopero generale con Cisl e Uil proprio contro il governo e la sua riforma delle tasse. Perché le distanze e "le diversità" restano "profonde, consistenti". Dunque, chi si attendeva sconti o temeva addirittura intese sotterranee con la Meloni, è destinato a restare deluso.

Un Landini anche commosso per la rielezione plebiscitaria, abbandonata la cravatta utilizzata per accogliere la Meloni, spiega: "Nessuno si impegna nel sindacato perché è un mestiere, ma perché pensiamo che si possa cambiare la situazione". E’ la premessa per andare dritto al punto. La riforma del fisco di cui il Paese ha bisogno non è quella proposta dal governo – spiega - la delega va cambiata. E in assenza di risposte e di una trattativa "vera" con il governo, si dice pronto alla mobilitazione e anche a scendere in piazza. Iniziative da valutare con Cisl e Uil, provando a far ripartire un’azione unitaria. "Per tutto il sindacato italiano – avvisa - non c’è possibilità di discussione, bisogna avviare una mobilitazione che non escluda alcuno strumento, compreso se necessario lo sciopero. Ne discuteremo insieme a Cisl e Uil".

L’incontro con gli altri due leader sindacali, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri, si terrà la prossima settimana, mercoledì 22 o giovedì 23 marzo. In cima alla lista delle ragioni per la mobilitazione c’è innanzitutto il fisco, dunque. Il no alla flat tax e alle tre aliquote Irpef è netto. Con la richiesta, invece, di ridurre le tasse ai lavoratori dipendenti e ai pensionati (il 94% dei contribuenti), combattere l’evasione e tassare le rendite più del lavoro. "Non siamo assolutamente d’accordo con la legge delega che è stata ieri presentata con gentilezza dalla premier, le differenze sono consistenti – insiste - Il 94% dell’Irpef la pagano dipendenti e pensionati, in un Paese con 100 miliardi di evasione e una tassazione della rendita inferiore. C’è un punto di fondo: noi non siamo più disponibili ad accettare un sistema fiscale che grava solo sul lavoro e le pensioni. Per noi la festa è finita perché non è ma cominciata".

Il leader della Cgil, al contrario, chiede il taglio di 5 punti del cuneo fiscale e la restituzione del fiscal drag per sostenere il potere d’acquisto dei salari. Ma non è solo il fisco il fronte aperto. Landini torna a bocciare anche il progetto di autonomia differenziata e anche su questo ribatte a Meloni: "Ha ricordato la giornata dell’unità nazionale. Ma vorrei che se ne ricordasse non solo il 17 marzo, ma il 18, il 19, il 20...", dice dal palco sostenendo la "contraddizione" con il voto sull’autonomia che invece aumenta le disuguaglianze nel Paese. Le riconosce l’importanza di aver condannato l’assalto alla sede della Cgil da parte di "forze dell’estrema destra" ma chiede che "tra il dire e il fare" si arrivi a sciogliere le forze che si richiamano al fascismo. Torna sul salario minimo, la lotta alla precarietà, il rinnovo dei contratti, la sicurezza sul lavoro, la sanità e il diritto alla cura, il no alla guerra. "Lo diciamo in modo chiaro al governo, alle forze politiche, alle controparti: non ci fermeremo – attacca - nella battaglia e non accettiamo che sia il lavoro a pagare per tutti. Questo Paese lo vogliamo cambiare". Anche perché "di cosa abbiamo paura, cosa dovremmo perdere? Se non fai nulla, hai perso prima di cominciare".

Quel che è certo, però, è che lui esce rafforzato dal secondo passaggio congressuale della sua guida della Cgil. E sulla novità più rilevante, la presenza della Meloni, non esita a rivendicare che "ci sono momenti - e questo è uno di quelli - in cui bisogna avere il coraggio delle proprie idee e osare. Abbiamo un governo che può durare cinque anni e che ha la maggioranza in Parlamento. La premier è venuta qui, la ringraziamo, ma è venuta a confermare le scelte che ha fatto e che non ha discusso con noi".

Claudia Marin