Giovedì 18 Aprile 2024

Samantha d'Incà, sì del giudice al fine vita. La storia: in coma irreversibile da un anno

Il papà della 30enne ora è autorizzato a staccare la spina ma solo col consenso dei medici

Samantha D’Incà, 30 anni, originaria di Feltre, è in stato vegetativo da dodici mesi

Samantha D’Incà, 30 anni, originaria di Feltre, è in stato vegetativo da dodici mesi

Feltre (Belluno), 6 novembre 2021 - Alla fine il tribunale, con una delibera che farà giurisprudenza, ha deciso che Samantha D’Incà potrà chiudere la sua esistenza senza che su di lei ci si accanisca più con terapie che ormai, a detta di molti medici, non possono modificare il corso della sua vita, vissuta da un anno come un vegetale. Ieri mattina, nella sentenza di dodici pagine, il giudice tutelare di Belluno ha di fatto autorizzato il padre della ragazza a staccare la spina, previo il parere dei medici e la nomina del genitore a tutore della giovane. "Finalmente è stata riconosciuta la dignità delle persone", commenta Giorgio D’Incà, che giurerà come amministratore di sostegno della figlia il 10 novembre. Dopodiché sarà un’equipe medica a proporre l’interruzione definitiva dell’alimentazione artificiale.

La ragazza, che ha 30 anni, ebbe un incidente che non sembrava grave alla fine del novembre 2020. Una frattura al femore per una caduta accidentale nel vialetto di casa. Ma le complicazioni avvenute dopo l’operazione all’ospedale di Feltre la portarono, fra dolori immensi, il 4 dicembre in coma. Irreversibile. Prima una polmonite, poi l’infezione devastante di un batterio e una vita nutrita solo attraverso un sondino. Da allora si è giocato tutto sul fatto che Samantha non avesse mai compilato il biotestamento, mettendo le sue volontà nero su bianco, ma la famiglia ha dichiarato che più volte la figlia aveva espresso il desiderio di non dovere vivere per forza nel momento in cui eventuali terapie fossero risultate inutili.

Un braccio di ferro che il primo comitato etico a fine maggio aveva risolto negando qualsiasi possibilità di staccare la spina. La giovane era in un centro specializzato di Vipiteno e i periti decretarono che c’erano con i trattamenti possibilità perché Samantha migliorasse la sua condizione di vita, da quella di un neonato di un mese a quella di un piccolo di due. Una decisione che fece trasecolare mamma Genzianella e papà Giorgio. Samantha venne trasferita nel centro servizi di Cavarzano di Belluno, dove si trova attualmente in una camera riservata nella quale i genitori possono almeno starle accanto.

Il 7 ottobre un nuovo comitato etico convocato dalla Usl Dolomiti ha redatto un’altra perizia: basta con l’accanimento terapeutico, non può portare a nulla. Il documento è stato consegnato al tribunale e ieri è arrivata la delibera che passa la responsabilità del fine vita a una commissione medica che non si sa ancora quando si riunirà e che la famiglia spera possa dare l’unica risposta per loro possibile: smettere con terapie inutili. "Siamo – ha dichiarato mamma Genzianella – nel momento più delicato di tutta la vicenda. Non vedo l’ora che questa storia si chiuda e che Samantha possa trovare la pace che voleva e che merita". Se alla famiglia di Eluana Englaro servirono 17 anni per ottenere la giustizia che chiedeva, l’iter per Samantha sembra ai titoli di coda. Giorgio e Genzianella sperano che i medici pongano fine al loro strazio.