Martedì 23 Aprile 2024

Sfratto ai Masai nel parco del safari "Sono troppi e minacciano la fauna"

Tanzania, è a rischio la convivenza delle tribù con leoni ed elefanti. Il governo vuole salvare il turismo

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di Giovanni Panettiere

Troppi Masai nel parco cult dei safari. Nella riserva di Ngorongoro, sito patrimonio dell’umanità dell’Unesco, nel nord della Tanzania, l’equilibrio tra la comunità indigena e gli animali selvatici è in pericolo. Scatta l’ordine di sfratto, anche e soprattutto per tenersi cari i danarosi turisti occidentali. Quattrocento Masai se ne sono andati volontariamente, per gli altri, in larga misura riluttanti allo sgombero di massa, bisognerà trovare una soluzione. Si spera nel rispetto dell’identità di una comunità guerriera, erroneamente considerata nomade o semi-nomade, che condivide quei territori con leoni ed elefanti da oltre un secolo, dedicandosi alla pastorizia. Transumananza inclusa.

Ai Masai più che il denaro – pur se il sistema del baratto, che ha contraddistinto la loro società monoteistica e patriarcale, è ormai residuale – servono ettari di terra dove far pascolare capre e mucche. Da cucinare poi anche a bordo strada per i palati dei turisti più temerari in transito sulla lingua d’asfalto che unisce Arusha, sede di un aeroporto internazionale, alla riserva. Cartoline da safari, insomma.

Dal 1959 il numero di residenti nel parco è balzato da 8mila a più di 100mila. Il bestiame è cresciuto ancora più rapidamente, da circa 260mila capi nel 2017 a oltre un milione. La Tanzania ha consentito alle comunità indigene come i Masai di vivere all’interno di alcuni parchi nazionali, ma il rapporto tra i pastori e la fauna selvatica può essere difficile quando ad esempio animali feroci attaccano persone e bestiame. Stiamo parlando di leoni, bufali, elefanti, rinoceronti, leopardi. Se è vero che il cratere di Ngorongoro è una delle mete preferite di chi va in cerca dei famosi Big Five in Tanzania.

La presidente Samia Suluhu Hassan, l’anno scorso ha lanciato l’allarme: "Stiamo perdendo Ngorongoro" e ha ordinato a funzionari di studiare come porre un freno alla migrazione nell’area. Dal canto suo il primo ministro, Kassim Majaliwa, ha proposto un programma di trasferimento volontario nel distretto di Handeni, dove il governo ha stanziato 162mila ettari per i pastori.

La comunità Masai, però, è divisa sulla questione, con molti contrari a lasciare l’unico ambiente che abbiano mai conosciuto. La crescente presenza di bestiame – col rumore dei campanacci – allontana alcuni animali, rischiando di minare l’industria del turismo che sviluppa il 18% del Pil della Tanzania. Già nel 2009 migliaia di famiglie erano state sfrattate da Loliondo, 125 chilometri da Ngorongoro per consentire battute di caccia. Tredici anni dopo la resistenza dei Masai continua.