Servizi telefonici mai chiesti, truffa milionaria

Ai clienti abbonamenti a pagamento per i cellulari a loro insaputa: 11 indagati, coinvolti tre ex dipendenti Wind. Il pm: anche io raggirato.

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di Anna Giorgi

Bastava visitare sul cellulare una pagina web. No, a dire il vero nemmeno visitare, bastava scorrerla anche solo per passare oltre e scattava un abbonamento a pagamento. Prelievi di piccole somme, tre, cinque euro per ogni utente caduto involontariamente nella rete. Piccole cifre su grandi numeri che hanno portato in pochi mesi le principali compagnie telefoniche ad incassare 12 milioni di euro non dovuti per l’attivazione fraudolenta dei cosiddetti "Servizi a valore aggiunto" (Vas).

Chi non ha mai visto comparire sullo schermo del cellulare le news, oppure l’oroscopo o ancora il meteo e il gossip con foto di veline avvenenti? A molti capitava di scorrere solo la pagine, zero click, invece del doppio click richiesto dalla legge con messaggio di conferma successiva, tanto bastava e il credito, ad ogni passaggio di news, veniva lentamente svuotato. Il boom di guadagni, ha verificato il consulente della procura, si è verificato durante il periodo del lockdown, quando migliaia di utenti usavano il telefonino con più frequenza. In particolare un picco di truffe si è registrato, sempre durante il periodo Covid, nel primo pomeriggio sulle pagine web dei cartoni animati, quando evidentemente i ragazzini usavano il telefono per navigare in rete.

A svelare la truffa milionaria è stata la procura di Milano che ha messo sotto indagine 11 persone, accusate a vario titolo di frode informatica ai danni dei consumatori, intrusione abusiva a sistema telematico e tentata estorsione contrattuale. Tra i truffati il procuratore capo di Milano Francesco Greco che, accortosi di quei prelievi di circa dieci euro al mese, non giustificati da alcun consenso, ha fatto partire l’inchiesta. Perquisizioni e sequestri nella sede legale di Wind-Tre dal Nucleo speciale tutela privacy e frodi tecnologiche della Guardia di finanza. I magistrati hanno poi inviato una lettera all’Agcom, l’Autorità garante per le comunicazioni, anche in relazione alla posizione delle altre due grandi compagnie telefoniche, la Vodafone e la Tim. Greco ha chiesto "una maggior responsabilizzazione delle piattaforme digitali usate dalle società multiutility, per evitare che i cittadini diventino in questo modo oggetto delle peggiori scorrerie". E ancora: "Il cybercrime e la frode informatica sono un problema enorme - ha detto - soprattutto in previsione di un sistema di lavoro in smart working".

Tra gli 11 indagati c’è Luigi Saccà, il figlio dell’ex direttore generale della Rai Agostino Saccà. Come si legge negli atti Saccà è finito sotto indagine in qualità di responsabile, all’epoca dei fatti, del "team servizi Vas", i Servizi a valore aggiunto, per Wind, poi Windtre. Il pm Francesco Cajani, che ha condotto l’inchiesta insieme all’aggiunto Eugenio Fusco ha parlato poi di "truffa delle etichette" perché una stessa società giocava su più tavoli: da un lato svolgeva il ruolo di "hub tecnologico, con funzioni di controllo della correttezza dei contenuti dei servizi venduti", e per altre compagnie svolgeva invece il ruolo di "Content Service Provider" (Cps). Indagati, oltre ai tre ex dipendenti di Windtre, tre dipendenti e un consulente di Pure Bros spa, un socio di un’agenzia pubblicitaria e tre tecnici informatici di una società registrata a Dubai.