Senza velo contro l’ayatollah L’attrice liberata e i disegni di Charlie

La rivista francese Hebdo pubblica vignette considerate "offensive" da Khamenei: convocato l’ambasciatore di Parigi. Taraneh Alidoosti, rilasciata su cauzione, si è fatta ritrarre a volto scoperto e con un mazzo di fiori in mano

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Iran sempre (a dir poco) inquieto. Tra proteste dal forte impatto simbolico e forti tensioni a livello internazionale. Ma andiamo con ordine.

Si è fatta ritrarre senza velo in testa e con un mazzo di fiori in mano l’attrice Taraneh Alidoosti, una delle più famose interpreti iraniane del grande schermo, rilasciata su cauzione dopo aver passato quasi tre settimane nel temibile carcere di Evin a Teheran, colpevole di aver sostenuto le proteste. Alidoosti, 38 anni, per la cui liberazione erano scesi in campo il Festival di Cannes e tante personalità del mondo dello spettacolo, tra cui Pedro Almodovar e Marion Cotillard, si era opposta con forza all’uso del velo e al ricorso della pena di morte contro i manifestanti, postando sui social il noto slogan "donne, vita, libertà", diventata la colonna sonora delle proteste. Gesti che sfidano il regime e i rigidi codici di abbigliamento imposti alle donne dalla Repubblica islamica.

Codici ribaditi e riproposti anche ieri dal leader supremo della rivoluzione islamica, l’ayatollah Seyyed Ali Khamenei, nel suo discorso in occasione della Festa della mamma dove, di fronte a una platea di donne velate e con il volto coperto, ha insistito sull’obbligo di indossare l’hijab, un "obbligo religioso". Un intervento provocatorio e a tratti anche ambiguo, quasi a voler eclissare la notizia della liberazione della nota attrice.

Durante i recenti "scontri" i nemici hanno sperato che le donne non indossassero il velo "ma sono stati schiaffeggiati", ha tuonato Khamenei. "Non è giusto che alcune donne non osservino l’hijab integrale, ma non dobbiamo dire che sono contro la religione o la Rivoluzione islamica. Sono le nostre figlie", ha precisato precisando che "dovrebbero essere corrette".

Una donna dovrebbe dare priorità ai suoi doveri principali, che sono quelli di moglie e madre, rispetto alle attività sociali, ha sostenuto Khamenei, minimizzando gli oltre tre mesi di proteste, facendo solo un vago riferimento alla necessità di una loro maggiore partecipazione "in politica". "In Occidente non si vergognano nemmeno di legalizzare questioni come l’omosessualità, considerata haram", cioè vietata dalla fede islamica, ha poi aggiunto, ribadendo i vecchi concetti ultraconservatori tanto cari al regime teocratico. Che non si ferma con la dura repressione che dall’inizio delle rivolte per Mahsa Amini ha già visto 16 manifestanti morire nelle carceri iraniane, tra torture e assistenza medica negata.

E qui entra in scena il secondo fatto che ha inasprito lo scenario iraniano: il settimanale satirico francese Charlie Hebdo ha pubblicato vignette satiriche che ritraggono lo stesso ayatollah in pose provocatorie. Le 35 caricature che mettono nel mirino la guida suprema, pubblicate in un numero speciale in occasione dell’anniversario della strage jihadista del 7 gennaio 2015, hanno scatenato l’ira di Teheran che ha convocato l’ambasciatore francese per protestare contro le vignette definite "offensive" e "maleducate".

Le donne sono molto presenti, ma con una inversione dei ruoli rispetto alla realtà. In alcuni disegni, i loro capelli formano un cappio intorno al collo di Khamenei, rinviando alle impiccagioni perpetrate dal regime. In un’altra vignetta brandiscono il velo islamico, producendo un soffio che fa sollevare la tunica di Khamenei, ritratto in stile Marilyn Monroe. "Hanno scelto una strada sbagliata", ha ribattuto a muso duro il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian, bollando come "insultanti e maleducate" le scelte fatte dal periodico francese.

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