Mercoledì 24 Aprile 2024

Senza i tank dell’Occidente per Kiev è dura

Lorenzo

Bianchi

Un nulla di fatto sul punto cruciale, la fornitura dei carri armati tedeschi Leopard 2 all’Ucraina. L’ottavo incontro nella base di Ramstein dei Paesi che sostengono Kiev non ha fatto un passo avanti. Rollo, 31 anni, comandante dei superstiti del glorioso e discusso battaglione Azov, spiega così la situazione sul terreno: "Se combattiamo contro la Federazione russa con le sue stesse armi non possiamo vincere, perché loro ne hanno di più e hanno più soldati. L’unica chance viene dall’aiuto dell’Occidente e dalle armi moderne".

Meduza, un sito di dissidenti russi riparati in Lettonia, ha pubblicato la notizia che il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha risposto in modo ‘evasivo’ quando gli è stato chiesto se la mobilitazione di trecentomila uomini reclutati in ottobre sia ancora in vigore. Vadim Skibitsky, vice capo dell’intelligence militare ucraina, è addirittura convinto che Mosca sia pronta a lanciare sul campo altri 500 mila coscritti per sferrare nuove offensive nell’est e nel meridione del suo Paese.

Sono voci e timori che hanno stimolato la nascita del cosiddetto patto di Tallin.

Il Regno Unito si è messo alla testa di Polonia, Finlandia, Danimarca, Olanda, Paesi Baltici, Slovacchia e Repubblica Ceca, gli Stati che si sentono in prima linea nel contrastare la Russia. Secondo il quotidiano Kiyv Independent il 19 gennaio il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki si è spinto a dichiarare che fornirà i carri armati Leopard 2 anche se Berlino si opporrà. L’Occidente ha già promesso 400 veicoli da combattimento. Non a caso la portavoce del ministero degli esteri russo Maria Zakharova ha definito il summit di Ramstein "un’aperta provocazione da parte dell’Occidente che alza la posta in gioco del conflitto e che porterà inevitabilmente a un aumento delle vittime e a una pericolosa escalation". Ancora morti. Per Mosca le vite umane spezzate non contano.