"Nanni Moretti ha ragione: chi parla male pensa male. E aggiungo: scrive anche male. Le parole sono importanti, il pensiero povero rende povero il linguaggio". Cita una memorabile battuta di Palombella rossa il professor Francesco Mercadante, analista e vendicatore della lingua, autore di Grammatica umoristica edito da Màrgana: una lista di vizi (molti) e virtù (esistono) dell’italiano d’oggi.
C’è l’impressione di un’involuzione mai tanto marcata: giusto o sbagliato?
"Mancano statistiche a suffragio di una delle due ipotesi. Io non sono così severo: la lingua sta bene, sa difendersi anche da oltraggi profondi. Le modifiche si apprezzano nel lungo periodo, abusi e orrori fanno da sempre parte del gioco".
Lei mette sotto accusa gli strafalcioni di politici e social media, le oscurità del burocratese, il lessico tecnico made in England, la consecutio zoppicante di radio e tv: chi fa più danni?
"Il web è il primo imputato. Blogger e influencer hanno campo libero: navighiamo in un mare di like, feedback e tweet senza regole. Anche negli aspetti migliori la Rete nasconde insidie, Wikipedia è a torto considerata una Bibbia 4.0. Davanti alla pseudo cultura sfoglio le grandi enciclopedie, i dizionari storici come il Battaglia, i vocabolari su cui intere generazioni hanno studiato".
Il Rocci per il greco, il latino del Campanini-Carboni, l’italiano nelle pagine del De Mauro: chi li consulta più?
"Gli studenti alle prese con le versioni. Altrimenti è un vuoto senza passione e senza il desiderio di cercare le nostre radici nel lessico".
Qualche esempio di nefandezze grammaticali?
"Una vittima illustre è il congiuntivo, modo verbale che oscilla tra il dubbio e l’ipotesi: un superstite assediato dall’indicativo, che esprime certezza di significato e azione. Denuncio poi l’omicidio del passato remoto. Ignorare le sfumature stilistiche dell’italiano è un peccato mortale".
Un peccato veniale invece?
"Una macchina da scrivere è quella che deve essere scritta, corretto è dire macchina per scrivere. Ma la consuetudine può essere tollerata".
Il linguaggio oggi è rapidità e approssimazione. Processo inevitabile?
"Non esiste una lingua avulsa da ciò che accade intorno, ma è altrettanto vero che l’efficacia della comunicazione viene falsata dagli errori. Gli errori distorcono la visione del mondo. “Tanto si capisce lo stesso“ non è una giustificazione: un po’ si scrive con l’apostrofo. Su questo non transigo".
Su che cosa transige?
"La grammatica va oltre l’insieme di punti, virgole, soggetti, predicati e complementi: è la premessa del rapporto fra gli esseri umani. Se servono alla comprensione dei concetti, ben vengano il gergo e perfino la parolaccia".
La parolaccia?
"Penso ai vocaboli della sessualità. Abbiamo fatto l’amore è un modo di dire letterario. Del resto Treccani online ammette che la parola coito è un’algida rappresentazione dell’unione carnale. E allora? Ci soccorre il Devoto-Oli: usare il verbo scopare non è triviale, è un’estensione pertinente dell’area semantica. Così come cazzo non è solo il sinonimo volgare di pene, ma un’interiezione efficace".
L’inglese imperversa nei luoghi di lavoro: è il bene rifugio della nostra società?
"Siamo invasi da content manager, digital media strategist, web writer, personal e marketing branding manager, copywriter. Apprezzo l’uso creativo della lingua, ma chi sono costoro?".
Qual è un buon uso creativo?
"L’aggettivo indegno. Nel codice dei giovani non è una squalifica morale, ma il rafforzativo di un concetto positivo. Una rete di Ibrahimovic è una tale prodezza che viene catalogata come indegna. Questa è una novità interessante".
Si affermano nuovi modi di dire: "come butta", "ci può stare". Ammissibili?
"È lo slang dei ragazzi reso virale dalla Rete. Il pericolo è che diventi un canale ripetitivo nella sua povertà espressiva".
Professore, che voto merita la lingua dei cantautori?
"Baglioni e Tiziano Ferro fanno lo stesso errore: ’senza te’ anziché ’senza di te’. Boccio il centro di gravità permanente di Battiato, fumoso e cervellotico. De Andrè invece è insuperabile: l’eleganza della semplicità vince sempre".