Scuola, la beffa degli autobus pieni di studenti

Il limite è all'80% ma nessuno controlla. L’ira delle aziende dei trasporti: "Mancano le risorse per sorvegliare". E le Regioni: non possiamo militarizzare le fermate

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La regola c’è, ma è praticamente impossibile controllare che venga rispettata. E, quindi, al di là degli appelli al buonsenso, è come se non ci fosse. Nella prima settimana di scuola, peraltro non a regime, le immagini di bus sovraffollati di studenti non sono mancate. Che fine ha fatto l’indicazione, contenuta nelle linee guida approvate in Conferenza unificata Stato-Regioni, che stabiliva la capienza massima all’80% per il trasporto pubblico? Ogni Regione, con un federalismo nei fatti che l’emergenza ha reso più brutale di qualunque modifica costituzionale, ha risposto a proprio modo, chi peggio, chi meglio.

Ma la domanda non è chi controlla bensì se si possa controllare. Il tema dei controlli è delicatissimo, sulla carta dovrebbero essere le aziende a garantirli ma non hanno personale sufficiente – per non parlare del crollo dei ricavi che fa di questo settore uno dei più colpiti dal lockdown – e quello in organico ha altre mansioni. Un autista non si può fermare e fare scendere alcuni passeggeri se si rende conto che il bus è troppo pieno, né può farlo il controllore che l’unica cosa che può verificare è la validità del titolo di viaggio. "E certo – spiegano i funzionari degli assessorati ai trasporti di più di una regione –, non è che possiamo mettere un vigile o un carabiniere a ogni fermata, non c’è il personale e anche se ci fosse va usato nei casi in cui, malauguratamente, ci sia una situazione di pericolo pubblico".

Morale: nessuno può dire a un passeggero di non salire su un mezzo anche se questo è evidentemente sopra la capienza consentita dell’80% dei posti (ogni mezzo ha un suo libretto di viaggio che stabilisce il totale dei posti, a sedere e in piedi, disponibili). E dal ministero dei Trasporti non sono giunte altre indicazioni né risposte. Al momento, quindi, l’applicazione pratica delle linee guida è demandata al senso civico dei singoli, a comportamenti responsabili che invitano ad attendere il mezzo successivo se uno è troppo affollato. Ma quando arriva il mezzo successivo? Qui la situazione è davvero a macchia di leopardo.

Ci sono regioni come la Toscana e l’Emilia Romagna, ad esempio, che hanno avviato un sistema di monitoraggio dei trasporti pubblici cercando di adeguare l’offerta alla domanda. Da lunedì scorso sono arrivati in Toscana 235 bus privati che vanno a rimpolpare l’offerta del trasporto pubblico locale. Da altre parti il parco mezzi non è stato incrementato. Da qui la richiesta – rilanciata anche dalla Cna Fita che ha chiesto un incontro alla ministra dei Trasporti, Paola De Micheli – di valutare meglio la possibilità di definire accordi con i mezzi di trasporto privati, dai bus turistici agli Ncc, per ampliare l’offerta e rispondere in modo concreto ai rischi di sovraffollamento dei mezzi.

Di certo, in tutto questo, è mancato un tavolo di conciliazione degli orari delle città. "C’è l’autonomia scolastica, laddove le scuole hanno fatto uno sforzo di riorganizzazione degli orari hanno permesso al trasporto pubblico locale di rispettare la capienza dell’80% ma in altre situazioni non è stato così", spiega Andrea Gibelli, presidente dell’Asstra. "Sto raccogliendo informazioni, sono in contatto con 144 presidenti di aziende di Tpl e posso dire che nel complesso il sistema ha retto. Le situazioni critiche? Noi avevamo chiesto già a marzo un tavolo di concertazione per studiare la rarefazione degli orari della città".