"Recupero i bigliettini lasciati in mezzo ai libri. E trovo le vite degli altri"

Il progetto e la passione della californiana Sharon McKellar, 46 anni: "Ho raccolto più di 350 fogli, foto e disegni dimenticati tra le pagine. Così provo a immaginare come sono le esistenze dei lettori"

Sharon McKellar, 46 anni

Sharon McKellar, 46 anni

Quante storie contiene un libro? Si può leggerne il contenuto e cercare lì. Si può leggere tra le righe, nelle fessure, negli spazi vuoti alla ricerca dei significati nascosti. Poi c’è un terzo modo, e Sharon McKellar – capo della sezione adolescenti delle biblioteche di Oakland, California – da quasi dieci anni ne ha fatto la sua passione. Si procede scuotendo un libro appena rientrato dal prestito. Pochi scossoni energici, per far volare a terra segnalibri, scontrini, foto dimenticate, biglietti d’amore, disegni di bimbo e una volta perfino un uncinetto. "Ogni oggetto trovato in un libro è un mondo parallelo", spiega McKellar – 46 anni, due figlie gemelle e una passione per la batteria – che da anni li raccoglie tutti in una scatola che tiene sotto alla scrivania. Poi da lì, nei ritagli di tempo, li scansiona uno ad uno per pubblicarli sul sito della biblioteca.

È nato così il progetto Found in a library book, che conta oggi più di 350 bigliettini ritrovati nel milione e mezzo di libri aperti al prestito del circuito bibliotecario di Oakland. "Quegli oggetti mi fanno riflettere – racconta la bibliotecaria, contattata via email –. Non posso fare a meno di chiedermi chi li ha creati e perché. Penso a dove siano quelle persone adesso, e mi chiedo se si siano mai accorte di aver perso la foto o il biglietto d’amore che io ho trovato. Oppure qualche volta, chissà, li hanno lasciati di proposito...".

Il primo biglietto trovato, Sharon non ricorda più quale fosse: "Quegli oggetti non hanno assunto significati particolari per me finché quasi per gioco non sono diventati una collezione", spiega. "Alcuni sono buffi, come i disegni lasciati dai bambini". Magari in un libro d’avventure di Jack London, che proprio di Oakland era originario. "Una volta ho trovato il disegno di un pollo che faceva la cacca", ride la bibliotecaria. Ma il disegno a cui è più legata, spiega, è quello del piccolo CJ. Suo papà è rappresentato come un diavolo con tanto di forcone. "Immagino che CJ si sia arrabbiato per qualcosa di banale, ma adorabile – ricostruisce McKellar – come non poter mangiare la torta a colazione... Così per punirlo lo ha raffigurato come un diavolo e lo ha lasciato in un libro. I bimbi sanno essere vendicativi".

L’oggetto più strano? "Il tappo di una lavastoviglie in gomma: che scelta strana per un segnalibro, no?", ride. Poi ci sono le foto. Tantissime, personalissime: tre scatti color seppia di una festa tra adolescenti. Una coppia di anziani fieri in poltrona davanti al tavolo addobbato per il pranzo di Natale. E foto di bimbi, un mucchio. Da quando la storia della sua collezione è finita sui giornali qualcuno le ha riconosciute. "Di recente una donna si è rivista bambina in uno scatto che pensava perduto. Ora è incinta, mi ha contattato, era così felice, farà vedere quelle foto al suo bimbo".

A volte i percorsi sono più tortuosi. È il caso di una ricetta contro la costipazione infantile che un uomo ha riconosciuto senza ombra di dubbio: "Solo che non ha mai preso un libro in prestito a Oakland, e soprattutto non ricorda di aver mai scritto quella ricetta per qualcuno". La curiosità più grande? "Vorrei scoprire la storia che si cela dietro una cartolina di James Dean. Nel testo, il mittente dice al destinatario, pur senza astio, che quella è la trentesima cartolina inviata, di non aver mai ricevuto risposta, e io sarei curiosissima di sapere che rapporto c’è tra quei due, se lei continua a scrivergli e lui a conservare le cartoline".

Poi c’è il grande mistero delle lettere d’amore: "Chi è stato a lasciarle nei libri? L’autore, che poi non le ha inviate? O il destinatario, che non le ha tenute a cuore?". A Sharon si accendono gli occhi: ci sono così potenziali significati e frammenti di vita dietro a ogni cosa. "Gentile signore – recita una lettera scritta a macchina – la informiamo che per ottimizzare i costi, a decorrere dal 20 maggio 1985 il suo turno di lavoro inizierà dalle 10 e finirà alle 18.30". E chissà quante ore faceva prima? Avrà cambiato mestiere? Curiosità inevase, come quella della piccola Ana, la più classica: un foglio con una domanda e tre opzioni. "Io e te, siamo amici? Sì, no. Forse". Nessuna delle tre voci è barrata.

Sharon alza le spalle, prova a immaginare una storia. Nel frattempo la scatola che ha sotto la sua scrivania, ora che il suo lavoro ha acquisito notorietà, si riempie ogni giorno di più con gli oggetti trovati anche dai suoi colleghi. Si stancherà mai di leggere, scansionare e pubblicare tutto? Alza le spalle. "Penso che continuerò. Il mio vero lavoro può essere duro e stimolante, stancante e opprimente. Raccogliere gli oggetti dai libri costituisce una pausa, un modo per rigenerarmi facendo un tuffo nelle vite altrui. Prima di tornare alla mia".