Scontri a Roma, blocchi a Milano Piazze in rivolta: basta chiusure

Nuove proteste di commercianti e ristoratori. Le categorie stremate dal lockdown aumentano ogni giorno

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di Giovanni Rossi

A metà pomeriggio Mario Draghi torna dalla Libia e se la trova sotto casa. È l’Italia delle categorie, tribale per disperazione. In piazza Montecitorio, due passi da Palazzo Chigi, ristoratori e partite Iva si scontrano con la polizia. Lo slogan è #Ioapro: "Non vogliamo contributi, non vogliamo sostegni, vogliamo lavorare, fateci alzare le serrande". Cariche e tensione. Nei tafferugli due poliziotti feriti, sette manifestanti fermati. Tanta rabbia, poche mascherine. Gli incappucciati di Casa Pound soffiano sul fuoco. "Sì al dissenso, no alla violenza, attenzione a chi strumentalizza", è il pensiero dei vertici del Viminale. Il nemico di classe dei manifestanti? "Gli statali ipertutelati". Ermes Ferrari, 51 anni, ristoratore emiliano, indossa lo stesso copricapo dello sciamano Jake Angeli nell’assalto pro Trump a Capitol Hill. "Siamo esasperati – dice col tricolore in faccia –. Mi sono dovuto vestire da pagliaccio per attirare l’attenzione. Spero che ora qualcuno si accorga di noi e ci ascolti". Ha precedenti per aggressione, ma ora denuncia di esser finito dagli "strozzini per pagare i dipendenti". Sì, dipendenti e proprietari lottano dalla stessa parte della barricata contro "le misure che ci affamano da un anno". Poco più in là un poliziotto consola Lorena, bolognese di 58 anni, che piange in ginocchio: "Tutti i soldi sono investiti nel bar aperto 15 anni fa. Io ci credo ancora".

A Milano gli ambulanti non alimentari scendono in piazza, infuriati come mai: vogliono lavorare in zona rossa: "Nessuno dice che siamo senza ristori. Da cinque mesi non portiamo i soldi a casa". Bloccano il traffico in zona Stazione, incassano la solidarietà della Lega ("rischio di crisi irreversibile del settore") e sono ricevuti dal prefetto al termine di un giorno ad alta tensione. A Caserta gli ambulanti paralizzano l’A1 tra Villa Literno-Pomigliano e Caserta Sud. Così la rivolta unisce Napoli a Roma. A Bari un sit-in blocca il centro. Forse è solo l’anteprima di proteste diffuse, in assenza di una rotta chiara che tenga insieme riaperture e vaccini (la cui penuria indebolisce il governo).

Gli scontenti aumentano e hanno i nervi a fior di pelle. Baristi e ristoratori sono sfiancati da un anno sincopato, tra chiusure, sanificazioni, distanziamenti, riaperture all’aperto, serate vietate, riconversione all’asporto. Fino a quando? Titolari di piscine e palestre assistono increduli a vasche vuote, ginnastica collettiva al parco con personal trainer oppure negli spazi ’open’ attrezzati dai Comuni. "Dove sono le evidenze scientifiche che nei pub, in pista o nelle palestre il Covid possa diffondersi di più rispetto a uffici pubblici, mezzi di trasporto e supermercati? Fuori le carte". I gestori di discoteche paventano un’altra estate a mixer spento, zero balli e barman dallo psicanalista. Gestori di stabilimenti balneari e albergatori costieri osservano preoccupati la rapidità di manovra della concorrenza spagnola e greca. Gli organizzatori nuziali (settore da 4 miliardi nel 2019) lamentano indennizzi "irrisori" a fronte di perdite medie del fatturato all’80%, coppie in tilt che si separano, cerimonie romantiche ormai rinviate al 2022. "Rischiamo di perdere il lavoro di promozione per far diventare l’Italia una delle mete più desiderate per i matrimoni – avverte Suita Carrano Bonadies, alla guida di 3mila wedding planner –. Tutto questo a beneficio di nazioni che si stanno muovendo più velocemente".

I rider delle consegne di cibo a domicilio incrociano periodicamente le gambe: perché la mancanza di tutele diventa ancora più insopportabile durante gli spossanti turni di questi mesi. I taxisti protestano: 5mila euro di ristori sono niente. Anche giostrai, circensi, acrobati, funamboli, giocolieri, clown considerano insufficienti gli 11 milioni stanziati dal ministro Dario Franceschini. Preferirebbero lavorare.