Mercoledì 24 Aprile 2024

Scontri a Parigi Raid xenofobo: uccisi tre curdi Esplode la rabbia

A sparare un pensionato delle ferrovie già in carcere per razzismo. L’attacco in una comunità culturale nel centro della capitale

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Giovanni Serafini

Una sparatoria nel centro di Parigi, in rue d’Enghien. Tre morti, una donna e due uomini, tutti e tre militanti curdi. Tre feriti, di cui uno gravissimo. Un quartiere della capitale nel caos per ore, con decine di manifestanti curdi che nel luogo stesso dell’aggressione si sono scontrati duramente per tutto il giorno con la polizia, accusata di "proteggere gli assassini inviati da Erdogan". È accaduto ieri mattina poco le 11 nel dodicesimo arrondissement, un quartiere popolare multietnico appena addobbato per le feste natalizie.

Un uomo, un ferroviere in pensione di 69 anni, William M., ha improvvisamente estratto una pistola e sparato a ripetizione contro le persone che si trovavano nel centro culturale curdo Ahmet Kayat. "Un colpo dopo l’altro, un inferno, ha colpito gente inerme non solo nel centro Ahmet ma anche davanti al vicino ristorante e alla boutique della parrucchiera, anch’essi curdi", racconta un testimone. L’assassino è stato bloccato da poliziotti che si trovavano in una strada vicina. Non ha opposto resistenza. Ferito leggermente al volto, è stato portato in commissariato e interrogato.

Nulla è emerso finora sulle motivazioni del suo gesto. Laure Beccuau, procuratore di Parigi, ha dichiarato che William M. ha due pesanti precedenti giudiziari: nel 2016 aveva commesso violenze a carattere razzista, ripetute in modo più grave nel dicembre 2021, quando aveva attaccato a colpi di sciabola un accampamento di migranti a Bercy, ferendo alcuni di loro. Venne accusato di tentato omicidio e violenze a sfondo razzista. Piazzato in detenzione in attesa del processo, a tutt’oggi non è stato giudicato.

Undici giorni fa, il 12 dicembre, gli è stata concessa una licenza provvisoria per il periodo di Natale, sotto controllo giudiziario e con l’ordine di non lasciare Parigi e di non utilizzare armi (appassionato frequentatore del poligono di tiro, ne possedeva diverse). "È un pazzo, è fuori di testa. Speravo che si fosse rimesso in carreggiata: ieri sera è venuto a casa da noi per Scarabeo, sembrava fosse tranquillo e invece… quando ho sentito la notizia alla televisione sono cascato per terra", si dispera il padre, 93 anni.

La polemica si è subito innescata: com’è possibile rimettere in libertà dopo pochi mesi un uomo così pericoloso? Come ha fatto a procurarsi un’arma, dopo che le sue erano state confiscate? Il presidente Macron ha espresso sdegno e dolore: "I curdi di Francia sono stati l’obiettivo di un odioso attacco nel cuore di Parigi. Penso alle vittime e alle persone che lottano per la vita, alle loro famiglie e ai loro cari". Il ministro degli Interni Darmanin, che si trovava in visita a Turcoing nel nord della Francia, si è precipitato in rue d’Enghien. Alle accuse espresse da esponenti della sinistra, secondo cui l’aggressore è un uomo di estrema destra che ha agito approfittando dell’indifferenza dei vertici del potere, ha replicato che "non è nemmeno certo che abbia colpito quelle persone in quanto curde. Non risulta inoltre che appartenga all’ultradestra".

Parole che hanno infiammato i numerosi militanti curdi accorsi in rue d’Enghien dopo la notizia della sparatoria. Il portavoce del centro Ahmet Kayat ha replicato affermando che "ancora una volta le autorità francesi non ci hanno protetto. Ancora una volta i servizi segreti ci sorvegliano invece di garantire la nostra sicurezza. Per noi questo è un attacco terroristico favorito dal clima di tensione alimentato dalla Turchia". Ci sono stati tafferugli a più riprese fra i militanti curdi e i poliziotti schierati in rue d’Enghien; lacrimogeni, barricate, auto incendiate nel Faubourg Saint-Denis e in boulevard de Strasbourg. "Dobbiamo vendicare i martiri del PKK", hanno gridato i manifestanti ricordando l’assassinio a Parigi, il 9 gennaio 2013, di 3 donne appartenenti al Partito lavoratori del Kurdistan. L’inchiesta su quell’eccidio è tuttora in corso: gli inquirenti avrebbero trovato "tracce" sul coinvolgimento dei servizi segreti turchi, ma nessun riferimento concreto.