"Lo smartphone ormai è una necessità. Da un genitore a tempo pieno ai top manager quasi nessuno può farne a meno. Proprio per questo, se vogliamo davvero vivere pienamente, dobbiamo ripensare a come organizziamo il nostro tempo". Per Marco Gui, professore di sociologia all’università Milano-Bicocca e direttore del centro ’Benessere Digitale’, i cellulari sono uno strumento eccezionale, ma bisogna anche sapere come proteggersi dal loro lato oscuro: la capacità di toglierci tempo e attenzione.
Professore, quanto siamo dipendenti dagli smartphone?
"Intanto va precisato che la dipendenza da smartphone non è ancora una patologia riconosciuta. Tra i giovani chi sviluppa disturbi gravi, come arrivare a non mangiare pur di non staccarsi dal telefonino, è comunque meno del 10%. Sugli adulti c’è ancora poca letteratura. La maggioranza delle persone, invece, ha problemi a gestire la propria quotidianità".
In che senso?
"Vorrebbero fare un uso dello smartphone più consapevole e perdere meno tempo".
Ma quante ore dovremmo stare chinati su un cellulare?
"Le indicazioni dei grandi organismi internazionali parlano in generale degli schermi. Il problema degli smartphone è che sono oggetti che riempono tutti i vuoti della nostra giornata. Non si utilizzano in maniera continuativa come la televisione. Vengono attivati, magari per pochi secondi, solo per controllare se sono arrivati nuovi messaggi. E questo apre una serie di problematiche che vanno dalla gestione delle relazioni sociali a come usiamo il nostro tempo e la nostra attenzione".
È difficile resistere?
"Assolutamente. Gli smartphone offrono costantemente un’alternativa, spesso più attrattiva sul breve periodo, all’esperienza che stiamo vivendo. Resistere o sfruttare le potenzialità dei cellulari a proprio vantaggio è una capacità non banale".
E cosa bisognerebbe fare?
"Concentrare le nostre attività in specifici momenti. Le mail, ad esempio, andrebbero controllate a cadenza regolare, non ogni due minuti. Altrimenti rischiano di diventare un sottofondo che si insinua in tutti i momenti liberi. La stessa cosa vale per WhatsApp. Ci sono tantissimi genitori che inviano continuamente messaggi mentre stanno coi propri figli".
E questo cosa comporta?
"Distribuiscono la l’attenzione su più piani e alla fine danneggiano loro stessi e chi gli sta di fronte. Vale anche per le attività ludiche: ci sono persone che non riescono nemmeno a guardare un film senza prendere tra le mani lo smartphone".
E sul lavoro?
"Gli stimoli continui minano la produttività e la qualità. Quando c’è bisogno di essere creativi, di dare il massimo, sarebbe meglio riunirsi senza cellulari".
Vale anche per i top manager, persone abituate a stare sempre incollate ai cellulari?
"Ormai la distinzione tra chi usa il cellulare per necessità o per piacere è caduta. Anche un genitore a tempo pieno, ad esempio, ha bisogno dello smartphone per organizzare la propria giornata".