"Schiava del politicamente corretto. Ecco perché la sinistra tace su Saman Abbas"

Il sociologo Ricolfi e i diritti negati alle donne islamiche. "Non possiamo concedere l’impunità alle minoranze"

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La triste storia di Saman Abbas sembra interessare solo alla procura e a pochi giornali e tv. Perché la sinistra e le associazioni dei diritti delle donne restano in silenzio?

"Per una ragione buona e per una cattiva, suppongo – avvisa Luca Ricolfi, sociologo, osservatore senza veli e senza fronzoli della politica e della società italiana –. La ragione buona è che, al momento, non si sa come siano andate effettivamente le cose, e neppure se la ragazza pachistana sia viva o morta. La ragione cattiva è che la sinistra ha un occhio di riguardo per l’Islam, e teme che i lati più imbarazzanti di quella cultura, e in particolare il suo modo di trattare la donna, compromettano il progetto politico di diventare i rappresentanti elettorali di quel mondo, grazie all’allargamento del diritto di voto agli immigrati. Ma temo che, anche se vi fosse la certezza che Saman è stata uccisa dai familiari, un velo pietoso verrebbe steso sulla vicenda, meno interessante di quella di qualche aspirante attrice molestata da registi o produttori".

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Quanto pesa il politicamente corretto nell’impedire di urlare in un caso come questo e come tanti altri quando c’è in ballo l’Islam?

"È paradossale, ma il politicamente corretto – nato per combattere le discriminazioni – sta diventando, oggi, uno dei meccanismi attraverso cui passano nuove e meno visibili forme di discriminazione".

Come funziona questo effetto paradossale?

"Concedendo una protezione speciale a una serie di presunte minoranze (l’Islam è solo una di esse) si finisce per attenuare le garanzie e indebolire le tutele nei confronti di quanti hanno la sola colpa di non far parte di alcuna categoria protetta. Non solo, ma si viene a instaurare una sorta di presunzione di innocenza, o di responsabilità attenuata, per chiunque commetta reati ma abbia il vantaggio di far parte di una categoria protetta. Con tanti saluti al principio per cui dovremmo essere giudicati per quel che facciamo, non per quello che siamo".

L’integrazione dovrebbe contemplare l’obbligo di rispettare i diritti umani.

"Ovviamente. Altrimenti non è integrazione, ma mera concessione (agli stranieri) di spazi di impunità cui nessuna comunità nazionale può aspirare (salvo forse alcune sette religiose semi-clandestine). Bisogna ammettere, però, che da oltre mezzo secolo (più o meno dall’era delle decolonizzazioni), questo è un nodo irrisolto della cultura occidentale, e di quella europea in particolare".

La cattiva coscienza dell’Occidente diventa l’apoteosi della diversità, anche di quella criminale.

"Se da bravo antropologo, aperto e non eurocentrico, dici che ogni cultura va giudicata con i suoi metri e non con quelli di un’altra, se continui a proclamare che ‘loro’ non sono primitivi ma solo diversi da noi, e che ogni usanza, rito o costume ha la sua dignità e la sua ragion d’essere, esercizio in cui la civiltà occidentale si è prodigata per decenni e decenni, se fai tutto questo, beh, allora è un po’ difficilino pretendere che loro rispettino i diritti umani, che in fondo non sono verità rivelate, ma un costrutto contingente e ‘storicamente determinato’ (così avrebbe detto Marx) della nostra civiltà occidentale".

Che fare con gli islamici che continuano a infibulare le ragazze e a obbligarle a sposare giovani scelti dalle famiglie?

"Il problema è che noi non abbiamo il coraggio di dirgli la verità, ovvero quel che davvero la maggior parte di noi pensa: e cioè che, per noi, certi loro costumi sono barbari. E che se vogliono vivere con noi possono mangiare quel che vogliono, pregare il Dio che gli pare, vestirsi come gli aggrada, ma non può esserci alcun comportamento che sia proibito a un italiano e permesso a loro".

Quale rischio corre una classe dirigente che insegue il politicamente e mediaticamente corretto fino a non vedere l’estremismo islamico e non solo quello?

"Nessun rischio, per l’establishment attuale, perché l’indulgenza verso l’Islam e più in generale verso gli immigrati prima o poi si tradurrà in consenso elettorale. Il rischio, semmai, lo corriamo noi comuni cittadini, costretti a navigare in un oceano di ipocrisia".